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Thu, Mar

Ripercorrendo gli inizi della Famiglia Paolina, Don Giacomo Alberione (1884-1971) annotava che «in quel tempo [siamo agli inizi del 1900] si leggeva raramente e solo da qualche persona il Vangelo… Vi era una speciale persuasione che non si potesse dare al popolo il Vangelo, tanto meno la Bibbia. La lettura del Vangelo era una quasi esclusiva degli acattolici, che lo interpretavano secondo il senso privato» (AD 139). È in questo contesto che egli accoglie il carisma profetico che lo fa promotore di un rinnovato rapporto con la Parola di Dio, i cui tratti restano tutt’ora validi e luminosi. Ne evidenziamo quattro.

Chi ha conosciuto Don Alberione sa che non amava vedere tra i banchi delle cappelle o delle chiese libri devozionali che distogliessero dal “centro”: i testi di spiritualità erano apprezzati, ma non dovevano andare a discapito della frequentazione assidua della Parola e della contemplazione del mistero eucaristico. Per Don Alberione queste erano le due solide basi su cui costruire la vita dei singoli e delle comunità: Parola ed Eucarestia. Lo esprimeva in molti modi e in forme svariate, osando molto (troppo?) per quei tempi – esponendo insieme al Santissimo la Bibbia aperta, benedicendo con l’Eucarestia e con le Sacre Scritture, distribuendo dall’altare la Comunione e i Vangeli – con una convinzione di fondo: nella Parola c’è una presenza quasi sacramentale; non si tratta solo di un libro ma di una persona che entra in relazione con noi, di una storia salvifica che ci coinvolge. Come scriveva Ruperto di Deutz (1075-1129): «Quando leggiamo la Sacra Scrittura tocchiamo la parola di Dio e abbiamo dinanzi agli occhi il Figlio di Dio». Non siamo noi che scrutiamo la Parola ma è la Parola che scruta noi!

Un secondo tratto profetico di Don Alberione è l’impegno nel rendere la Bibbia accessibile a tutti. Ne fa un programma fermo e serrato: «Che il Vangelo entri in ogni famiglia; che il libro del Vangelo formi il modello e l’ispiratore di ogni edizione cattolica; che al Vangelo si dia un culto…: viverlo nella mente, nel cuore, nelle opere» (cfr. AD 140-143). Numerose le iniziative nate a tale scopo: edizioni economiche dei Vangeli per le diverse categorie di persone (bambini, adolescenti, lavoratori, donne, militari…), la creazione di una “Lega per la lettura della Bibbia”, la diffusione capillare nelle case andando a bussare a ogni porta, le missioni bibliche nelle carceri, gli accordi con il Ministro della Pubblica Istruzione per portare la Bibbia nelle scuole, la creazione di una rete fitta di biblioteche… E tutto in Italia e nel mondo. Dagli anni ’30 cominciano a essere da lui pubblicate edizioni della Bibbia in altre lingue. Nessuno doveva essere privato dell’opportunità di incontrare Dio attraverso la Parola.

A questi aspetti se ne associa un terzo: la Bibbia doveva essere accessibile in tutti i linguaggi: la stampa (la Bibbia come libro o a fascicoli), le immagini (valorizzando miniature, opere d’arti, disegni al tratto e illustrazioni), il mondo audio-visivo (trasmissioni radiofoniche, realizzazioni cinematografiche, composizione di canti, incisione della lettura dei testi biblici…). Nel lontano 1924 fonda la Società Biblica Cattolica, la seconda del mondo cattolico a livello mondiale (la Santa Sede la eleva a Unione Primaria nel 1960 con il nome di SoBiCaIn, Società Biblica Cattolica Internazionale), e ad essa affida l’avvio di corsi biblici aperti a tutti, in presenza o per corrispondenza… cosa impensabile per tempi in cui lo studio della Scrittura era riservato ai soli “chierici”.

Il tutto con un’impronta pastorale. La Parola, ribadiva Don Alberione, va interiorizzata e mediata “restando in ascolto di Dio e delle anime”: un conto è parlarne negli ambienti universitari, un altro a chi vive l’esperienza del dolore o a chi si accosta per la prima volta alla Parola: l’approccio di chi porta la Bibbia, amava ripetere Don Alberione, «deve essere pastorale. Dirigersi a tutte le facoltà dell’uomo: intelligenza, volontà, sentimento, affinché siano tutte nutrite dei doni divini, di Dio stesso; onde l’uomo si trasformi in Dio» (AE 31). Questa era la sua convinzione: la Parola di Dio ha un’efficacia straordinaria e ci restituisce alla nostra identità più profonda: «Onde l’uomo si trasformi in Dio». Come non mettere in campo le migliori energie per favorire questa stupenda promessa tutta di Paolo (cfr. Gal 2,20; 4,19)? E ciò che la Famiglia Paolina cerca di vivere fino ad oggi.

 

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March 28, 2024

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March 28, 2024

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