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Jeu, Mar

Il nostro rapporto speciale con San Paolo è invariabilmente ispirato e plasmato dall’insegnamento del nostro Fondatore, il Beato Giacomo Alberione. Tra le sue numerosi affermazioni sull’Apostolo delle genti troviamo le note parole: Paolo “dice ai paolini: Conoscete, amate, seguite il Divino Maestro Gesù. «Siate miei imitatori come io lo sono di Cristo» [1Cor 11,1]. Questo invito è generale, per tutti i fedeli e devoti suoi. Per noi vi è di più, giacché siamo figli. I figli hanno la vita dal padre; vivere perciò in lui, da lui, per lui, per vivere Gesù Cristo. Sono per noi appropriate le parole ai suoi figli di Tessalonica, ai quali ricorda di essersi fatto per loro forma: «per darvi noi stessi come esempio da imitare» [2Ts 3,9]. Gesù Cristo è il perfetto originale; Paolo fu fatto e si fece per noi forma; onde in lui veniamo forgiati, per riprodurre Gesù Cristo. San Paolo-forma non lo è per una riproduzione fisica di sembianze corporali, ma per comunicarci al massimo la sua personalità: mentalità, virtù, zelo, pie­tà... tutto. La famiglia paolina, composta di molti mem­bri, sia Paolo-vivente in un corpo sociale.

Conoscere e meditare San Paolo nella vita, opere, lettere; onde pensare, ragionare, parlare, operare secondo lui; e invocare la sua paterna assistenza” (ACV p. 62-63).

Meditando sulla vita di San Paolo ci permette di scoprire le sue somiglianze con Gesù. Pertanto, l'Apostolo è per noi una forma, perché egli stesso si è fatto simile al Divin Maestro, fino a identificarsi con lui, che ha espresso con le parole: “Non sono io che vivo, ma Cristo vive in me” (Gal 2,20).

Vorrei menzionare una certa somiglianza tra Gesù e Paolo che ultimamente mi ha toccato molto. La situazione è stata descritta da San Luca nel capitolo 21 degli Atti degli Apostoli. Quando Paolo si fermò nella casa del diacono Filippo a Cesarea, un certo Agabo fece una profezia dicendo che a Gerusalemme Paolo sarebbe stato catturato e consegnato ai pagani. Luca continua questa storia: “All'udire queste cose, noi e quelli del luogo pregavamo Paolo di non salire a Gerusalemme. Allora Paolo rispose: «Perché fate così, continuando a piangere e a spezzarmi il cuore? Io sono pronto non soltanto a essere legato, ma anche a morire a Gerusalemme per il nome del Signore Gesù». E poiché non si lasciava persuadere, smettemmo di insistere dicendo: «Sia fatta la volontà del Signore!»”. (At 21,12-14).

Troviamo questa decisione di offrirsi in sacrificio, questa disponibilità a morire, nell'esempio di Gesù, che ne parlò più volte agli apostoli: “«Ecco, noi saliamo a Gerusalemme, e si compirà tutto ciò che fu scritto dai profeti riguardo al Figlio dell'uomo: verrà infatti consegnato ai pagani, verrà deriso e insultato, lo copriranno di sputi e, dopo averlo flagellato, lo uccideranno e il terzo giorno risorgerà»” (Lc 18,31-33). «Per questo il Padre mi ama: perché io do la mia vita, per poi riprenderla di nuovo. Nessuno me la toglie: io la do da me stesso» (Gv 10,17-18).

Paolo era un acuto discepolo alla scuola del Divin Maestro. Ha imparato, cioè accolto bene, il Vangelo ricevuto da Gesù, non solo come sistema delle verità, ma come programma e stile della sua vita. E come Gesù, divenne un sacrificio gradito a Dio.

Offrire la propria vita come Gesù e Paolo. Non potrebbe essere questo il frutto maturo della nostra vocazione cristiana e religiosa? Ma non si tratta solo di ciò che offriamo, ma anche di come lo facciamo.

* Boguslaw Zeman, sacerdote paolino, è il Direttore del Centro di Spiritualità Paolina

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28 mars 2024

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28 mars 2024

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