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Ven, Mar

Il 13 maggio 1981 a Lublino, in Polonia, ho sostenuto l’esame scritto di maturità di matematica. L’esame è andato abbastanza bene ed io ne ero ovviamente contento. Alla fine è venuta anche mia mamma per vedere come era andato. Il clima di festa è stato bruscamente interrotto dalla brutta notizia giunta dal Vaticano: alle ore 17.17 di quel giorno in Piazza San Pietro il “lupo grigio” Mehmet Ali Agca aveva sparato a Giovanni Paolo II, che stava salutando la folla prima dell’inizio dell’udienza generale.  In Piazza San Pietro scorre il sangue di un Papa... A sentire questa sconvolgente notizia, mia mamma si è sentita subito male e invece di andare a prendere un gelato per festeggiare la mia maturità, abbiamo dovuto andare da mio zio medico per cercare qualche soccorso per lei…

Gli spari al Papa, esattamente 40 anni fa, in quel pomeriggio del 13 maggio 1981, la Memoria liturgica della Madonna di Fatima, hanno spaventato non soltanto la mia mamma e i piccioni di Piazza San Pietro, ma tutto il mondo. Infatti Giovanni Paolo II è stato raggiunto da due proiettili: uno lo ha colpito di striscio a un dito, l’altro in maniera grave all’addome. Alì Agca avrebbe voluto mirare alla testa del Pontefice, ma si è trovato davanti una bimba, Sara Bartoli, che Giovanni Paolo II aveva appena preso in braccio. Allora ha puntato l’arma da fuoco verso la pancia, perché sapeva che, una volta colpito, la morte sarebbe sopraggiunta di lì a pochi minuti. Anche se il suo era un tiro “a porta vuota da quattro metri”, Giovanni Paolo II è sopravvissuto. Anche se, come lui stesso ha confessato, “praticamente ero ormai dall’altra parte”, la Provvidenza ha disposto diversamente. E questo è stato il più grande shock anche per il suo stesso attentatore.

Infatti alcuni anni dopo il Papa ha raccontato così al giornalista Indro Montanelli, l’ex direttore de Il Giornale: “Parlai con quell’uomo dieci minuti, non di più… di una cosa mi resi conto con chiarezza: che Agca era rimasto traumatizzato non dal fatto di avermi sparato, ma dal fatto di non essere riuscito, lui che come killer si considerava infallibile, a uccidermi. Era questo, mi creda, che lo sconvolgeva: il dover ammettere che c’era stato qualcuno o qualcosa che gli aveva mandato all’aria il colpo”.

Fino ad oggi non si sa chi siano stati i mandanti che hanno commissionato ad Alì Agca l’omicidio del Papa. Indipendentemente da chi fossero, se venissero dall’Oriente o dall’Occidente, sarebbe bello se anch’essi, come lo stesso Alì Agca, si facessero una seria meditazione su “chi era stato quel qualcuno o quel qualcosa che aveva mandato all’aria il colpo” dell’attentatore. Li farebbe molto bene…

Lo stesso Giovanni Paolo II non ha avuto dubbi riguardo la risposta a quell’inquietante domanda di chi fu la “mano” che deviò la pallottola che lo avrebbe dovuto colpire. Giovanni Paolo II riconobbe in quella mano la figura di Maria, esattamente come profetizzò suor Lucia di Fatima. Per questa ragione la pallottola venne poi inviata a Fatima, affinché venisse poi incastonata sulla corona della statua della Madonna.

Come mi ha raccontato la dottoressa Wanda Poltawska, la grande amica di Giovanni Paolo II, che io frequento da circa 20 anni, il Santo Padre non si interessò mai molto dell’inchiesta sull’attentato. Era consapevole che è Dio che comanda in questo mondo e non certo i mandanti di Alì Agca. Ma quanto è credibile questa affermazione? Lo racconta il giornalista e scrittore italiano Renzo Allegri: “Il vescovo Hnilica e altri monsignori vicinissimi a Wojtyla mi hanno testimoniato che chi ha curato il Papa nella convalescenza è stata Wanda. Lui ha voluto solo lei come suo medico e non si fidava di nessun altro. Erano cose che io ho saputo per certo in Vaticano”.

La pistola con cui Alì Agca il 13 maggio 1981 sparò a Giovanni Paolo II fu la Browning HP, calibro 9 mm Parabellum, matricola 76C23953. Una vera e propria arma da guerra. Nel 2014 fu prestata per l’esposizione nel Museo Giovanni Paolo II nella sua casa natale di Wadowice. Quell’oggetto di violenza e di morte è stato piazzato nella vetrina di vetro trasparente sotto il pavimento del Museo nel settore “perdono all’attentatore”. Cosi i visitatori, visitando quella parte del Museo, lo calpestano ogni giorno. Speriamo quella pistola rimanga lì a lungo, perché quello è il suo giusto posto.

 

* Don Tomasz Lubas, Economo generale

 

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29 Marzo 2024

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