16
Ter., Abr.

«L’invito a “venire e vedere”, che accompagna i primi emozionanti incontri di Gesù con i discepoli, è anche il metodo di ogni autentica comunicazione umana!». Così Papa Francesco inizia il suo messaggio per la Giornata Mondiale delle Comunicazioni di quest’anno 2021, in cui fa appello a una comunicazione “trasparente e onesta”, sia nei media tradizionali sia nelle parrocchie e nei social network. Il Papa esorta tutti i cristiani – e in modo particolare i comunicatori – ad «andare a vedere, stare con le persone, ascoltarle, raccogliere le suggestioni della realtà», riflettendo molto chiaramente in questo invito il suo modello di Chiesa in uscita.

Da un lato, Francesco denuncia la superficialità di un giornalismo “ctrl C - ctrl V” (copia e incolla). D’altra parte ci provoca ad essere dei comunicatori autentici, dandoci un metodo molto concreto: “venire e vedere”. Riferendosi innanzitutto ai giornalisti, il Papa parla di una “crisi editoriale” che ha le sue radici nell’autoreferenzialità, nell’incapacità di “uscire”, di trovare le persone e il mondo concreto. Il problema principale non è che le persone oggi non leggano, ma il fatto che non sono più attratte dal giornalismo tradizionale, visto come ripetitivo, di parte e commerciale. La tendenza alle notizie “ctrl C - ctrl V” è molto pericolosa, in quanto rivela una spiccata comodità (o pigrizia) che spesso alimenta le fake news e l’indifferenza. Da tempo molti giornalisti non escono delle loro redazioni per ricercare e costruire le notizie. Molti si limitano ad adattare o semplicemente replicare le notizie delle grandi agenzie, indagare al telefono, fare ricerche attraverso i nuovi media digitali, “creare” notizie dai loro uffici. Si è perso il contatto faccia a faccia, “l’odore delle pecore” avrebbe detto in un’altra occasione il Papa. In questo messaggio ha scelto un’espressione altrettanto incisiva e bella: «Consumare le suole delle scarpe». Al giornalismo odierno manca questo dinamismo della strada, dell’uscita, della vicinanza, dell’incontro. Abbiamo bisogno di tornare a consumare le suole delle scarpe. Il giornalismo ha la funzione di denuncia, deve quindi svelare le ingiustizie, i dolori, le sofferenze umane, non per fini sensazionalisti, ma per promuovere consapevolezza e trasformazione. Il contesto della pandemia globale è un esempio concreto. Rimanendo negli studi e negli uffici si rischia di narrare solo numeri, freddamente, senza descrivere la complessa realtà di chi soffre quotidianamente le conseguenze del virus e l’aumento della povertà e dei conflitti sociali.

Andando oltre il giornalismo tradizionale, il Papa riconosce che «grazie alla rete abbiamo la possibilità di raccontare ciò che vediamo, ciò che accade sotto i nostri occhi, di condividere testimonianze». Siamo tutti prosumers – per usare un neologismo molto significativo e popolare oggi – siamo sia consumatori che produttori di contenuti, di informazioni, ma in questo processo si moltiplicano anche le false notizie e la manipolazione di dati e immagini. Lo stesso Papa afferma che: «Sono diventati evidenti a tutti, ormai, anche i rischi di una comunicazione social priva di verifiche. (...) Tutti siamo responsabili della comunicazione che facciamo, delle informazioni che diamo, del controllo che insieme possiamo esercitare sulle notizie false, smascherandole. Tutti siamo chiamati a essere testimoni della verità: ad andare, vedere e condividere». Il messaggio ci ricorda, quindi, che la quantità non è qualità, così come la velocità non significa priorità. Il metodo “vieni e vedi” richiede tempo ma garantisce maggior precisione e qualità nella comunicazione, non solo per il giornalismo. L’eccesso di informazioni, così come ogni eccesso, può essere dannoso, portando alla saturazione e stanchezza, all’“infodemia”. Il moltiplicarsi delle notizie sul web e sui social non significa che siamo meglio informati. Al contrario, restiamo sempre più superficiali, leggendo solo i titoli, senza entrare nel vivo delle questioni, eventi e situazioni.

In questo senso, di fronte alla de-mediazione della comunicazione, continuano ad essere fondamentali i comunicatori riconosciuti e affidabili, in quanto sono questi che possono garantire qualità e profondità dell’informazione, con responsabilità ed etica. Gli “editori” continueranno ad essere fondamentali se sapranno leggere e interpretare le esigenze dei loro interlocutori, aiutandoli a “vedere” la realtà da nuove prospettive. È sempre utile ribadire che i mezzi tecnici devono amplificare ed esaltare i nostri doni e (i cinque) sensi, non limitarli o condizionarli. La nostra comunicazione umana ha perso molto significato quando è stata strumentalizzata e ha tanto da recuperare nel ritorno al faccia a faccia.

Praticamente tutti i messaggi di Papa Francesco legati alle Giornate delle Comunicazioni puntano a questa interazione umana che sta alla base di ogni comunicazione. Ci ricordano che non basta trasmettere per comunicare, o stabilire un contatto per relazionarsi; che il dialogo è molto più che scambiare messaggi, così come la relazione non si limita a una semplice connessione o ad alcuni “mi piace”. Questo perché «non si comunica, infatti, solo con le parole, ma con gli occhi, con il tono della voce, con i gesti.. (...) La parola è efficace solo se si “vede”, solo se ti coinvolge in un’esperienza, in un dialogo», afferma il Papa nel suo messaggio. Soprattutto nella cultura iconocentrica in cui viviamo, aggiungerei.

Il racconto dei Discepoli di Emmaus mi ha sempre toccato in modo speciale. In questo brano biblico è evidente la forza del linguaggio simbolico e non verbale. Non è stato durante la conversazione lungo la strada che i discepoli hanno riconosciuto il Maestro, anche se lì hanno discusso di idee e concetti, usando molte parole. La vera comunicazione è però avvenuta nel silenzio, “allo spezzare il pane”. Le informazioni più importanti sono state trasmesse e ricevute attraverso il linguaggio non verbale, attraverso un gesto, uno sguardo degli occhi e con le mani... nello stare insieme, vicini. La comunicazione più profonda non è mediata, strumentalizzata, ma personalizzata. Questo non vuol dire sminuire o svalutare gli strumenti tecnici. Al contrario, vuol dire che dobbiamo umanizzarli: questa è probabilmente ancora oggi la più grande missione del Paolino, come ha già sottolineato il nostro Capitolo generale del 2004.

Per richiamare un’altra espressione ampiamente utilizzata dal Papa, la comunicazione essenziale e più profonda non è fatta di “aggettivi”, ma di “sostantivi” e di “soggetti”. Siamo chiamati ad essere soggetti della comunicazione e dell’evangelizzazione, non oggetti. Siamo chiamati a «comunicare incontrando le persone dove e come sono». Per raggiungere questo ideale, abbiamo un modello molto concreto: Paolo. Alla fine del suo messaggio, Papa Francesco ricorda l’Apostolo come modello di comunicatore. Paolo ha utilizzato gli strumenti e la tecnica a disposizione del suo tempo, ma ciò che lo ha reso uno straordinario comunicatore è stata la capacità di ascoltare i suoi interlocutori, rispondere ai loro bisogni, andare da lui, costruire relazioni con le persone e le comunità. Furono la sua comunicazione interpersonale, la sua testimonianza e la sua autenticità che per primi toccarono e convertirono una moltitudine di ebrei e pagani.

È interessante evidenziare come il motto “vieni e vedi” abbia una forte carica vocazionale, essendo il brano normalmente utilizzato nell’animazione vocazionale. Questo mi fa pensare al giornalismo e alla comunicazione in generale come una vera e profonda vocazione. Per noi Paolini è essenziale: la nostra vocazione è la comunicazione, siamo chiamati ad essere “editori”, quelli che, ad esempio di Maria, “edit Salvatorem”, cioè danno al mondo il Salvatore. Quelli che conducono a Gesù, che promuovono l’incontro con il Salvatore, che aiutano le persone a fare esperienza, ad “andare a vedere” il Signore, come veri apostoli (cfr Gv 1,46). Se saremo comunicatori affidabili e onesti, “autentici” come esorta il Papa, sicuramente non perderemo il nostro spazio e la nostra importanza nella Chiesa e nella società. La provocazione “vieni e vedi” ci aiuta, quindi, a riflettere sulla nostra vocazione di Paolini apostoli comunicatori.

 

* Fr. Darlei Zanon, Consigliere generale

Agenda Paulina

16 abril 2024

Feria (bianco)
At 7,51–8,1a; Sal 30; Gv 6,30-35

16 abril 2024

* Nessun evento particolare.

16 abril 2024SSP: Fr. Ignazio Rossi (1934) - D. Paolo Marcellino (1978) - D. Pietro Borrano (1993) • FSP: Sr. Caterina Carbone (1970) - Sr. Caterina Di Francesco (1994) - Sr. M. Rosa Tilli (2000) - Sr. Anne Mattapallil (2002) - Sr. M. Ermelinda Malaculeo (2016) - Sr. M. Domizia Donniacuo (2019) - Sr. M. Gianfranca Consiglio (2020) - Sr. M. Vicentina Lopes (2020) • PD: Sr. M. Vincenzina Vassallo (1981) • IGS: D. Ottavio Casuscelli (1981) - Mons. Giuseppe Franciolini (1989) • ISF: Maria de Jesús Moreno (2010).