L’8 dicembre 2020, con la Lettera apostolica “Patris Corde”, Papa Francesco ha indetto l'Anno di San Giuseppe. In questa occasione ha invitato tutta la Chiesa, cioè tutti i credenti, a riscoprire questa straordinaria figura. Ecco alcune sue parole: «Tutti possono trovare in San Giuseppe, l’uomo che passa inosservato, l’uomo della presenza quotidiana, discreta e nascosta, un intercessore, un sostegno e una guida nei momenti di difficoltà».

Nella nostra tradizione religiosa paolina, San Giuseppe è considerato il patrono dei discepoli del Divin Maestro. Infatti, nell'insegnamento del Beato Giacomo Aberione non mancano i riferimenti al padre adottivo di Gesù, inteso come modello per i fratelli paolini che hanno «una missione simile a quella di San Giuseppe». Forse questa sottolineature intende dire che gli altri membri della Famiglia Paolina, soprattutto sacerdoti, non cercano in San Giuseppe un maestro dal quale si può e si deve ancora imparare tanto?

Ecco perché vorrei ricordare, prima a me stesso, alcune delle affermazioni del Fondatore che dissipano questo dubbio: sono state una scoperta rinfrescante. Mi limiterò a recuperare un'omelia di Don Alberione, tenuta nella cripta del Santuario Maria Regina degli Apostoli il 19 marzo 1958, in occasione della celebrazione del 25° anniversario dei voti religiosi di cinque discepoli del Divin Maestro: fr. Giuseppe Solero, fr. Giacomo Bortolotti, fr. Camillo Cendron, fr. Timoteo Orsini e fr. Vincenzo Tommasini. Prima che il Fondatore presentasse la persona di San Giuseppe come esempio per i discepoli, ha indicato questo Santo come esempio da seguire sia per i sacerdoti che i superiori. Ecco alcuni estratti selezionati:

«(…) San Giuseppe ha una missione universale, per tutta la famiglia umana, e ha una missione universale rispetto alla Chiesa, di cui è patrono. E ha una missione particolare per tutte le famiglie umane, di cui egli è esemplare. E ha una [famiglia, anzi, una] missione particolare rispetto alle famiglie religiose.

A Nazareth, la prima famiglia religiosa, a Nazareth la famiglia che deve essere di esempio a tutte le famiglie religiose.

In primo luogo, considerare la sua missione in quella famiglia. Egli là era il padre, il capo: "Ecce pater tuus et ego" disse Maria al ritrovamento di Gesù al Tempio: “Ecco il padre tuo ed io”.

Il padre: così ha da essere considerato nelle famiglie religiose il cosiddetto superiore. Il padre ha l'ufficio di formare la famiglia, ha una paternità di un ordine, nelle famiglie religiose, di un ordine molto elevato.

Paternità. Nelle famiglie religiose è necessario ricordare che il padre deve nutrire la mente e deve nutrire il sentimento, formare il cuore e deve formare la volontà e deve guidare in tutta l'attività.

Condizione essenziale per ricevere da chi guida, da chi ha l'ufficio di padre: la docilità, l'amore; condizione essenziale: il rispetto.

San Giuseppe rappresentava il Padre celeste, nella sacra famiglia: “paterna vice”. Così il superiore della casa, così il superiore di ogni reparto, rappresenta il Signore. (…)

Il padre, o maestro, o superiore, vuole formare il carattere, vuole formare la volontà. Ed ecco allora la docilità della volontà, come vi è la docilità dell'intelletto e la docilità del cuore.

Formare: e allora la disciplina esteriore. Ma questa disciplina ha valore in quanto c'è la disciplina interiore, in quanto vi è il “erat subditus illis” [era obbediente a loro], in quanto vi è la sottomissione interiore, si sente il bisogno di essere guidati. (…)

Guardando a san Giuseppe, mettiamoci in questa disposizione: docilità mentale, docilità di sentimento, di pietà e docilità di volontà.

A cui dobbiamo aggiungere la docilità nell'apostolato, perché la nostra vita non è solamente per la santificazione individuale: abbiamo da formare in noi lo spirito sociale e dobbiamo formare lo spirito apostolico. (…)

San Giuseppe è stato lavoratore, e maestro di lavoro al Figlio di Dio incarnato.

In questo, particolarmente, noi ricordiamo l'ufficio dei Discepoli, i quali, oggi, celebrano la loro festa particolare. (…)

Il Discepolo ha una missione simile a quella di San Giuseppe; il suo lavoro non è un lavoro materiale soltanto, perché ci sono tre specie di lavori: il lavoro intellettuale, il lavoro morale e il lavoro manuale.

Il Discepolo è persona intelligente e se non è intelligente, non ha vocazione. Intelligenza è capire la sua missione, perché rimanga contento nella vita, soddisfatto, e possa apprezzare quello che compie. E il Discepolo compie un lavoro che non è il lavoro di una tipografia soltanto, è un lavoro di corredenzione, come era il lavoro di san Giuseppe.

San Giuseppe, dopo Maria, fu il primo collaboratore della Redenzione.

Ed ecco che se dobbiamo seminare la verità e insegnare i mezzi di grazia, e additare le vie della giustizia e della santità, occorre l'unione tra il Sacerdote e il Discepolo, si completano.

San Giuseppe non avrebbe avuto la sua grande missione, se non fosse stato il padre putativo di Gesù. Il valore della sua missione, dipende da questo: che egli era il Padre putativo e rappresentava il Padre celeste nella sacra Famiglia.

Ed ecco la sua dignità. Tutta la dignità, diciamo apostolica, del Discepolo sta nell'unione con il Sacerdote. E il Sacerdote unito al Discepolo formano assieme, assieme, indissolubilmente uniti, quella missione che è affidata alla Pia Società San Paolo dalla Chiesa: dare la verità al mondo, dare i mezzi di grazia, indicare le vie della pace e della giustizia e soprattutto della salvezza.

Mirabile unione! Se si dimentica questo principio fondamentale, allora appaiono gli scontenti.

Non ha da gloriarsi l'uno, il Discepolo, e non ha da gloriarsi il Sacerdote. Sono uniti. L'uno ha bisogno dell'altro (…)».

Secondo il Beato Giacomo Alberione San Giuseppe è quindi un modello per le famiglie, anche quelle religiose, per superiori e sacerdoti, per i discepoli del Divin Maestro, un esempio d'integralità, un maestro di cooperazione e unità da cui dipende il frutto dell’apostolato. Non è certo un'esagerazione affermare che può insegnarci ancora molto anche nel campo della comunicazione e della sinodalità.

 

Don Bogusław Zeman, ssp