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Gio, Mar

Da quando Don Alberione “vide con una maggior luce” che “l’organizzazione cattolica di scrittori, tecnici, librai” non bastava per portare avanti il progetto apostolico che aveva in mente e per garantire “più unità, più stabilità, più continuità, più soprannaturalità all’apostolato” (cfr. AD 24), i comunicatori del nuovo secolo non potevano che essere “religiosi e religiose”, la “vita comunitaria” – che, a mio modo di vedere, insieme alla “consacrazione” con i voti religiosi, forma la quarta ruota del carro paolino – la “povertà” – è una condizione “sine qua non” per cinque delle Istituzioni della Famiglia Paolina fondate dal beato Giacomo Alberione: le Congregazioni. Gli Istituti di vita secolare consacrata hanno la consacrazione, ma non la vita comunitaria e i Cooperatori non hanno nessuna delle due caratteristiche.

Davanti al fenomeno di tanti giovani paolini che oggi lasciano la Congregazione, spesso mi domando quali siano i motivi, trattandosi di una istituzione nata proprio per i nostri tempi. E arrivo sempre alla stessa conclusione: le ragioni principali dell’abbandono della congregazione – sottolineate con insistenza nel 2° Seminario Internazionale sulla Formazione Paolina – sono la scarsa o deficiente vita comunitaria e la mancanza di accompagnamento personale. Fermiamoci un momento a riflettere oggi sulle nostre comunità.

Nel suo intervento al Seminario sulla Formazione il Segretario della Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata, mons. José Rodríguez Carballo, ci aveva messo sull’avviso con queste parole: “Sapete che [la vita comunitaria] è il secondo motivo per il quale lasciano tante vocazioni? E questo perché abbiamo formato i giovani a una vita comunitaria o fraterna che alla fine non esiste. È tutta poesia. La fraternità si costruisce giorno per giorno, avvalendosi in particolare del perdono. Essa si costruisce a partire dalla propria debolezza e anche da quella del fratello”.

Ogni nostra comunità dovrebbe, dunque, sentirsi in grado di accogliere un giovane che desidera conoscere la vita paolina. E lui dovrebbe esperimentare che nelle nostre comunità tutti, ognuno a modo suo, stiamo lavorando per costruire la comunità e lui stesso dovrà impegnarsi nella costruzione, perché la comunità non è mai una realtà già data, ma da costruire con l’impegno di tutti.

La via da seguire ce l’ha indicata con chiarezza mons. Carballo quando nel Seminario ha descritto la comunità di accoglienza. Questa è una fraternità dove i membri si sentono in cammino, in formazione permanente, vivono in un clima di libertà evangelica e di responsabilità, nel rispetto dell’altro, dove si vivono i valori umani della cortesia fraterna, della gioia e l’allegria, ecc.; si vivono i conflitti in chiave formativa; i membri celebrano la loro fede, intendono la vita fraterna come uno “spazio teologale in cui si può sperimentare la mistica presenza del Signore risorto (cfr. Mt 18,20)” prima che come strumento per la missione; una vita “condivisa nell’amore”, dove ciascuno si senta dono del Signore per l’altro; tutti sono capaci di elaborare insieme il progetto di vita e missione, si sentono in missione permanente, con la loro vita e il loro operare, chiamati a stare con Gesù, convocati a vivere insieme, dalla “mistica dell’incontro”, la sequela di Gesù Cristo, e inviati a “risvegliare il mondo” come profeti. E poi concludeva così: “Dobbiamo essere segni profetici, altrimenti c’è il rischio di ridurci a essere solo professionisti più o meno qualificati”.

Allora possiamo chiederci: quante delle nostre comunità di tutto il mondo si vedono ritratte in questa descrizione? Dalla mia ormai lunga esperienza paolina, ritengo che tra noi Paolini la vita comunitaria non è mai stata grandemente valorizzata. Quando è stato pubblicato il documento della Congregazione per gli Istituti di vita consacrata, Vita fraterna in comunità, ricordo che qualcuno ha commentato: “Questo non è per noi, noi siamo un’altra cosa”. Purtroppo non abbiamo mai fatti nostri questi orientamenti, talvolta anche in nome del nostro apostolato specifico, dimenticando che la vita fraterna in comunità è alla base e sostiene la missione stessa paolina, proprio per volontà del Fondatore.

A volte gli animatori delle comunità e forse gli stessi formatori alla vita comunitaria si limitano a fare in modo che il gruppo “funzioni”. Nel suo intervento nel Seminario sulla Formazione mons. Carballo racconta che un giovane religioso gli aveva detto: “Padre, non si preoccupi. Noi oggi facciamo ciò che voi ci dite di fare, domani faremo esattamente quello che fate voi”. Oggi si cura abbastanza bene la formazione intellettuale – cosa certamente molto positiva –, ma quanto si trascurano, in gradi diversi, le altre dimensioni: apostolica, spirituale, religiosa?

Vale allora la pena che ci fermiamo un po’ a riflettere sulla perentoria conclusione di mons. Carballo che suona così: “Il futuro della vita consacrata dipende dalla qualità della vita fraterna in comunità”.

Agenda Paolina

28 Marzo 2024

Nella Cena del Signore (bianco)
Es 12,1-8.11-14; Sal 115; 1Cor 11,23-26; Gv 13,1-15

28 Marzo 2024

* SSP: 1988 Maggiorino Vigolungo viene proclamato Venerabile.

28 Marzo 2024FSP: Sr. M. Augusta Biolchini (2018) - Sr. Donata Narcisi (2019) - Sr. M. Dorotea D’Oto (2023) • PD: Sr. M. Tarcisia Spadaro (2008) - Sr. M. Emanuella Santini (2011) - Sr. M. Leonarda Pompiglio (2023) • IGS: D. Giorgio Zeppini (2018) • ISF: Michele Perillo (1996).