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Jue, Mar

Come sarà la vita dopo la pandemia? Abbiamo dei piani post-pandemia di fronte a un futuro così incerto? E, se ci sono, qual è la loro vera percentuale di successo? Chi lo sa veramente? E ancora e prima di tutto: come possiamo affrontare l’imprevedibilità di questo microrganismo in continua mutazione, che minaccia la nostra salute fisica ed emotiva? Che Dio ci aiuti ad ogni passo che facciamo!

Ammettiamolo: abbiamo perso il controllo di molte cose nella nostra vita a causa di questa pandemia. Mentre ci aspettiamo ancora il peggio da parte di questo “nemico invisibile”, continuiamo tuttavia a sperare che le cose vadano meglio. In questo momento viviamo una “nuova normalità” in un tempo di cambiamento epocale, con la salute privata e pubblica in bilico e i protocolli di protezione sociale ormai come parte integrante della nostra vita quotidiana. Siamo tutti nella stessa barca e siamo, quindi, invitati a “remare insieme”, preoccupandoci l’uno per l’altro, anche e nonostante lo stesso distanziamento fisico ancora vigente. Quanto siamo disposti a combattere il virus in sinergia, in modo da poter “guarire come se fossimo un solo corpo”, e continuare a vivere esistenze significative?

Per un motivo o per l’altro, magari senza ammetterlo consapevolmente, noi esseri umani, se non ne siamo la vera e unica causa, abbiamo comunque contribuito in modo decisivo a questa pandemia a causa del nostro uso e abuso delle cose “visibili ed invisibili”, che Dio ha creato. Si presenta, a questo punto, il problema di interpretare correttamente la Parola di Dio. Nel libro della Genesi Dio dice all’uomo di “sottomettere” la terra. Molti hanno inteso la parola “sottomettere” come “usare in modo improprio”, “sovrautilizzare”, “abusare”, “sfruttare”, “dominare”, “calpestare”, invece di “rispettare”, “sviluppare”, “curare”, “guarire” gli elementi del nostro pianeta, soprattutto l’”elemento” più importante: la persona umana, fatta a “immagine e somiglianza” di Dio. Spesso tendiamo a interpretare male la parola di Dio, come dice del resto lo stesso Gesù: «Ipocriti! Sapete giudicare l’aspetto della terra e del cielo, come mai questo tempo non sapete giudicarlo? E perché non giudicate da voi stessi ciò che è giusto?» (Lc 12,56-57). Quando la parola ebraica “sottomettere” è resa con “radah”, il significato è che l’uomo deve governare sulle cose create considerandole come soggetti, non come oggetti; non da tiranno ma come leader compassionevole. L’uomo deve camminare insieme e avere un rapporto con queste cose/soggetti, in modo che possano provvedere all’uomo e che l’uomo possa “imparare” da loro.

Ci sono anche aspetti positivi della furia con cui il Covid-19 sta flagellando il nostro pianeta. In primo luogo ci ha fatto capire che “per essere prolifici e rilevanti”, dobbiamo trovare nuovi modi di fare le cose, in modo diverso da come “abbiamo sempre fatto nel passato”. Basti pensare a questa realtà dei “nuovi mezzi” in cui siamo finalmente entrati nella nostra specifica missione paolina. La pandemia ci ha svegliati o ci ha “costretti” ad usare, per esempio, i social media, in cui per molto tempo solo pochi si sono avventurati, e molti di questi solo grazie alle loro capacità individuali. In secondo luogo riconosciamo che la salute umana è un prerequisito della ricchezza umana. Anche la salute dell’economia è contingente e dovrebbe essere misurata sulla base della salute integrale delle persone che la compongono e dell’ambiente in cui tutti noi viviamo. In terzo luogo, se vogliamo avere maggiore successo nell’affrontare la pandemia, dobbiamo “pregare e lavorare” come se lavorassimo in un’orchestra armoniosa, sotto la direzione dell’unico e solo Maestro, Gesù Cristo!

Il quarto aspetto positivo riguarda specificamente noi. Come persone consacrate testimoniamo «in modo splendido ed esimio che il mondo non può essere trasfigurato e offerto a Dio senza lo spirito delle beatitudini» (LG 31). I Paolini «che vivono per imitare Gesù, sono chiamati a immettere nel mondo il suo stesso sguardo, lo sguardo della compassione, lo sguardo che va in cerca dei lontani; che non condanna, ma incoraggia, libera, consola, lo sguardo della compassione» (Francesco, Omelia, XXIV Giornata mondiale della Vita consacrata, 1 febbraio 2020). Per vivere il nostro “qui e ora” in questo tempo di (e dopo la) pandemia, lasciamo che “la Parola di Dio, luce per un tempo di incertezza” sia il nostro fondamento della vita quotidiana. Possa la Parola, che diventa anche Eucaristia, essere il nostro “pane quotidiano” che ci sostiene e ci rende forti lungo il cammino.

Siamo chiamati a vivere la nostra fede in fedeltà al “Patto”, senza fantasticare troppo su incredibili piani per il futuro. Con o senza il virus, siamo chiamati a vivere i nostri giorni in spirito di disponibilità e fiducia nella Divina Provvidenza, non come «ai giorni di Noè... che precedettero il diluvio che mangiavano e bevevano, prendevano moglie e marito, fino a quando Noè entrò nell’arca, e non si accorsero di nulla finché venne il diluvio e inghiottì tutti, così sarà anche alla venuta del Figlio dell’uomo» (Mt 24,37-39). E le parole del Maestro ci interrogano ancora: «Non affannatevi dunque dicendo: Che cosa mangeremo? Che cosa berremo? Che cosa indosseremo? Di tutte queste cose si preoccupano i pagani; il Padre vostro celeste infatti sa che ne avete bisogno. Cercate prima il regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta. Non affannatevi dunque per il domani, perché il domani avrà già le sue inquietudini. A ciascun giorno basta la sua pena» (Mt 6,31-34).

Quindi, cerchiamo di andare avanti con maggiore fiducia, non sforzandoci da soli, come ci ricorda lo stesso papa Francesco: «Perché quando ci sentiamo con le spalle al muro, quando ci troviamo in un vicolo cieco, senza luce e via di uscita, quando sembra che perfino Dio non risponda, ci ricordiamo di non essere soli. Gesù ha provato l’abbandono totale, la situazione a Lui più estranea, per essere in tutto solidale con noi. L’ha fatto per me, per te, per tutti noi, lo ha fatto per dirci: “Non temere, non sei solo» (Omelia, Domenica delle Palme, 5 aprile 2020).

Questa pandemia ci ha portato, infatti, insicurezze e incertezze, impotenza e disperazione, paura e ansia morbosa, quasi un senso di abbandono. Ma la speranza cristiana non illude. Potrebbe contaminare tutti, affinché nasca una nuova vita, come ci dice ancora il Santo Padre: «È un altro “contagio”, che si trasmette da cuore a cuore – perché ogni cuore umano attende questa Buona Notizia. È il contagio della speranza: “Cristo, mia speranza, è risorto!”. Non si tratta di una formula magica, che faccia svanire i problemi. No, la risurrezione di Cristo non è questo. È invece la vittoria dell’amore sulla radice del male, una vittoria che non “scavalca” la sofferenza e la morte, ma le attraversa aprendo una strada nell’abisso, trasformando il male in bene: marchio esclusivo del potere di Dio» (Urbi et Orbi, Pasqua 2020).

Nonostante il virus, viviamo in nome della carità. Con il nostro Padre san Paolo noi professiamo: «Queste dunque le tre cose che rimangono: la fede, la speranza e la carità; ma di tutte più grande è la carità!».

Agenda Paolina

28 Marzo 2024

Nella Cena del Signore (bianco)
Es 12,1-8.11-14; Sal 115; 1Cor 11,23-26; Gv 13,1-15

28 Marzo 2024

* SSP: 1988 Maggiorino Vigolungo viene proclamato Venerabile.

28 Marzo 2024FSP: Sr. M. Augusta Biolchini (2018) - Sr. Donata Narcisi (2019) - Sr. M. Dorotea D’Oto (2023) • PD: Sr. M. Tarcisia Spadaro (2008) - Sr. M. Emanuella Santini (2011) - Sr. M. Leonarda Pompiglio (2023) • IGS: D. Giorgio Zeppini (2018) • ISF: Michele Perillo (1996).