24
Wed, Apr

“Popoli tutti acclamate al Signore. Gloria e potenza cantiamo al Re… Non c’è promessa, non c’è fedeltà che in te”. Così sabato, 22 agosto, il coro e l’intera assemblea esprimevano col canto tutta la loro gioia al Signore mentre sei novizi – Jonathan Salamanca Castro (25), Marcelino Alexander Gonzalez Mejia (28) e Abel Jesús Gutierrez Mosquera (30) della Provincia Colombia-Ecuador-Panama; Serges Kalembo Monguba (26), Chadrack Kiboko Kitumba (24) e Serges Katato Kimbuluma (24) della Regione Congo – procedevano processionalmente verso l’altare per dare inizio al rito della Prima Professione Religiosa. Erano anni che nella sottocripta della Basilica minore Regina degli Apostoli – che custodisce le venerate spoglie del nostro amato Fondatore il Beato Alberione – non si pronunciava pubblicamente il proprio “sì” al Signore, donandogli “la mente, la volontà, il cuore, il corpo” per essere interamente suoi. La donazione totale al Signore è, in fondo, la risposta ad una chiamata che il rito della professione inserisce proprio all’inizio, quando il maestro di noviziato chiama ogni novizio per nome e ciascuno di loro risponde “eccomi”, sono qui per te. Questo “eccomi” nella liturgia di ieri era già stato anticipato dalla prima lettura, quando il Signore per ben tre volte chiama Samuele e lui alla fine risponde: “Parla che il tuo servo ti ascolta”.

Ma, c’è di più. Come ha sottolineato nell’omelia il Superiore generale, don Valdir José De Castro, la nostra non può essere una “risposta solitaria”, in quanto – come aveva già anticipato la seconda lettura del nostro padre San Paolo – “siamo un solo corpo in Cristo e, ciascuno per la sua parte, siamo membra gli uni degli altri”. Questo è ben espresso nella formula della professione quando il candidato promette di vivere “la vita comune secondo le Costituzioni della Società San Paolo”. Il nostro apostolato – continua don Valdir nell’omelia – nasce dalla comunità ed è espressione della comunità e sarà fruttuoso solo se innestato in Cristo. Conseguentemente, il primo obiettivo del paolino “vivere in Cristo”, “cristificarsi”, per portare a tutti il Cristo vivente. E poi rivolgendosi ai giovani don Valdir aggiungeva: a voi affidiamo il compito di rinnovare il nostro apostolato, di adeguarlo ai mezzi e al linguaggio odierno, per essere comunicatori efficaci nel nostro mondo sempre più digitalizzato.

La celebrazione si concludeva con un ultimo momento toccante di ringraziamento da parte dei sei neo-professi. Dopo aver ringraziato il Superiore generale e il suo governo, la comunità del noviziato internazionale, esprimevano la loro gratitudine “a Dio Onnipotente perché con la sua immensa misericordia, li ha scelti, nonostante la loro debolezza e la fragilità, e li ha invitati a essere testimoni del suo amore in mezzo ai loro fratelli e sorelle e a proclamare il suo vangelo nella cultura della comunicazione, attraverso ogni forma di linguaggio esistente oggi e nel futuro”. Un pensiero speciale è andato, infine, ai loro genitori. Da essi hanno succhiato il latte della fede e con essi hanno maturato la loro decisione di seguire il Signore. “Grazie ai nostri genitori – hanno detto testualmente – siamo quello che siamo oggi”.

Our Presence