Chi è costei
che sorge come l’aurora,
bella come la luna,
splendente come il sole?
Cantico dei Cantici 6,10

Beirut, Hong-Kong, la Bielorussia, diverse nazioni nella morsa della pandemia… Sono queste le realtà che fanno da sfondo a questi giorni in cui la liturgia ci fa sostare in preghiera davanti a quelli che dovevano essere gli ultimi palpiti della vita di Maria. Un alone di mistero avvolge quegli istanti di vita. La ragione umana vi si può avventurare solo con la luce dello Spirito che favorisce alcune intuizioni, senza però esaurire i tesori nascosti di Dio. Il testo biblico, avaro di dettagli, ha lasciato ampio spazio alla fantasia delle tradizioni apocrife che, da prospettive diverse (non sempre in sintonia con la professione di fede della Chiesa), hanno cercato di rispondere agli interrogativi sugli istanti conclusivi dell’esistenza terrena di Maria.

Il primato di Dio. Ad uno sguardo d’insieme, la prima considerazione che affiora di fronte alle narrazioni apocrife, è la costatazione del primato di Dio, che si riconferma come l’Emmanuele, il Dio con noi, Colui che rovescia le sorti del popolo, sbloccando situazioni che sembrano irrimediabili (un bambino partorito di fronte a un inquietante essere demoniaco; un cielo abitato da una donna vestita di sole e da un enorme drago rosso; una madre separata dal figlio fin dai primi istanti della sua esistenza). Dio continua a fare della debolezza il luogo in cui manifesta la sua potenza, soprattutto ai piedi della croce quando la “donna dei dolori” diventa madre dell’umanità tutta. In Maria sembrano darsi appuntamento le grandi figure femminili della storia biblica che già hanno vissuto in sé questo dinamismo: come non pensare a Sara, Rachele, Rut, Ester, Giuditta... C’è però una sostanziale differenza tra queste donne e Maria: nella Vergine, il primato di Dio non scende a compromesso con le logiche “inquinate” della storia umana. La realtà ferita dell’uomo viene abitata (come vuole il principio dell’incarnazione), ma lungi dal condizionare o impoverire l’azione di Dio, ne diventa la tenda, l’arca, il tempio, la dimora. Maria resta una luce limpida che attraversa ogni situazione umana senza perdere il suo splendore. L’incomprensione, il grido, la minaccia, l’esilio, l’incertezza, la fatica… non offuscano la luce da lei recata. Perfino il corpo senza vita di Maria diventa terra santa che emana profumo e ripropone la forza della risurrezione.

La solidarietà con l’umanità. Al primato di Dio fa eco la solidarietà con l’umanità al punto che Maria affiora come un germoglio sulla medesima terra sterile e avara abitata dall’uomo. Per tale ragione la tradizione non esita ad applicare a Lei quanto Giovanni dice della Chiesa e dell’umanità tutta nel capitolo 12 dell’Apocalisse: lei, come la Chiesa, è la donna che genera vita nonostante la minaccia del male; lei, come la prima comunità, è la donna vestita di sole nonostante le turbolenze della storia; lei, come il corpo ecclesiale, è la donna con la luna sotto i piedi, nonostante i limiti imposti dal tempo e dalla logica del mondo; lei, come il popolo di Dio, è la donna coronata di dodici stelle, nonostante tutte le deludenti promesse dei discendenti di Giacobbe.

Ognuno di questi tratti sembra parlare di Lei, e scrive una nuova icona acheropita che racconta la solidarietà tra la Madre e i suoi figli, lasciando che da essa affiorino una promessa e un annuncio: la promessa che il deserto non costituisce l’ultima parola ma il luogo della manifestazione di Dio; l’annuncio che la morte è stata vinta e su tutti noi è disteso il manto della misericordia di Dio. Sarà proprio nel deserto, dove la donna trova rifugio dalle insidie del drago (cf Ap 12,6), che la storia ripartirà convocando tutti i figli attorno alla donna vestita di sole.

E, contemplandola così, nella solennità e nella bellezza della sua veste, noi ci ritroviamo, come Lei, vestiti di sole e rigenerati nel Risorto. Nonostante tutto.