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Qui., Mar.

La solennità di Pentecoste appena celebrata ci ha introdotti, 50 giorni dopo la Pasqua, nel Tempo Ordinario. Per tale occasione papa Francesco ha scritto un’interessante lettera ai sacerdoti della sua Diocesi di Roma, cercando di incoraggiarli e di aiutarli a interpretare secondo lo Spirito questo faticoso tempo della pandemia di coronavirus che, almeno in Italia, sta finalmente allentando la sua morsa, lasciando comunque molti dubbi sulle sue conseguenze nell’immediato futuro. Si tratta di un’interessante lettera del pastore di una diocesi ai suoi immediati collaboratori, che può trovare qualche spunto interessante anche per noi Paolini.

Francesco per prima cosa ammonisce: «Le ore di tribolazione chiamano in causa la nostra capacità di discernimento per scoprire quali sono le tentazioni che minacciano di intrappolarci in un’atmosfera di sconcerto e confusione, per poi farci cadere in un andazzo che impedirà alle nostre comunità di promuovere la vita nuova che il Signore Risorto ci vuole donare». Coerentemente, subito dopo, mette in discussione la tentazione di tornare, a livello pastorale, al “si è sempre fatto così”, a mettere in piedi «attività sostitutive o palliative aspettando che tutto ritorni alla “normalità”», al permanere nella «incapacità di invitare gli altri a sognare e ad elaborare nuove strade e nuovi stili di vita». Insomma, alla stasi. Un rischio concreto anche per noi Paolini.

Dal Vescovo di Roma giunge, invece, l’invito ad avere la stessa speranza che Gesù, apparendo ai discepoli rinchiusi in casa per timore dei Giudei (cfr. Gv 20,19-23), trasmette loro: «Con la sua presenza, il confinamento è diventato fecondo dando vita alla nuova comunità apostolica».

Quali spazi di novità può aprire questo tempo per noi, per la nostra vita personale e comunitaria, per il nostro apostolato? Possiamo azzardare, guardando alla lettera del Vescovo di Roma ma anche al magistero del nostro Superiore generale, due campi strettamente collegati: le relazioni e la missione.

Quanto alle relazioni, papa Francesco richiama quanto lui stesso dice in Gaudete et exultate 76: «La persona che vede le cose come sono realmente, si lascia trafiggere dal dolore e piange nel suo cuore … In tal modo scopre che la vita ha senso nel soccorrere un altro nel suo dolore, nel comprendere l’angoscia altrui, nel dare sollievo agli altri. Questa persona sente che l’altro è carne della sua carne, non teme di avvicinarsi fino a toccare la sua ferita, ha compassione fino a sperimentare che le distanze si annullano». Il Cardinale Špidlík, poco tempo prima di morire, alla domanda su come si immaginava la vita eterna rispose: «La vita eterna sono gli incontri». E i nostri incontri in questo tempo di quarantena sono stati caratterizzati dal rischio del contagio. L’altro, anche il confratello, è diventato, oltre che dono, anche una minaccia. Sempre facciamo questa esperienza: l’altro mi attira ma anche mi frena, mi dà gusto ma anche disgusto. Impariamo ancora una volta da questo tempo così particolare che le relazioni per essere vere devono essere pasquali. Cristo ­– che è relazione pura senza peccato – ci ha mostrato che per vivere relazioni pure (anche e soprattutto tra confratelli) dobbiamo passare il guado pasquale della morte. Il compimento di ogni relazione e la sua fecondità è la morte a se stessi, è la capacità di morire per l’altro. Dall’apostolo così trasfigurato, ci insegna Don Alberione, viene l’apostolato, che altrimenti rischia di essere inquinato da un’ansia di autorealizzazione che alla fine uccide.

Poi la missione. Francesco scrive: «Cari fratelli, in quanto comunità presbiterale siamo chiamati ad annunciare e profetizzare il futuro, come la sentinella che annuncia l’aurora che porta un nuovo giorno (cfr Is 21,11): o sarà qualcosa di nuovo, o sarà di più, molto di più e peggio del solito… La fede ci permette una realistica e creativa immaginazione, capace di abbandonare la logica della ripetizione, della sostituzione o della conservazione». Siamo, forse, come Chiesa a una svolta storica. Possiamo guardare con fiducia ai profeti, che non si fermavano alla ragione e ai calcoli umani ma usavano l’immaginazione per proferire l’oracolo, ricorrevano alle immagini per indicare a Israele vie nuove. Geremia «vede un ramo di mandorlo» (Ger1,11), Daniele vede «quattro  uomini che camminano nel fuoco» (Dn 3,25). Ognuno, allora, può chiedersi. Cosa vedo (immagino) io dentro questo tempo di lockdown? Dove sta conducendo lo Spirito la sua Chiesa in questo tempo forte? Possiamo cercare soluzioni esterne, nei metodi, ecc. Ma questo, pur necessario, non è sufficiente: la differenza la fa il cuore. Noi siamo il nostro cuore, noi siamo ciò che abita il cuore. Non si tratta di creare strutture nuove, ma di avere un cuore nuovo. Prima che di soluzioni nuove abbiamo bisogno di permettere che questo tempo pasquale ci trasformi il cuore. Un cuore nuovo porta una vita (e una missione) nuova.

* Don Stefano Stimamiglio, sacerdote paolino italiano, è il Segretario generale.

Agenda Paulina

28 março 2024

Nella Cena del Signore (bianco)
Es 12,1-8.11-14; Sal 115; 1Cor 11,23-26; Gv 13,1-15

28 março 2024

* SSP: 1988 Maggiorino Vigolungo viene proclamato Venerabile.

28 março 2024FSP: Sr. M. Augusta Biolchini (2018) - Sr. Donata Narcisi (2019) - Sr. M. Dorotea D’Oto (2023) • PD: Sr. M. Tarcisia Spadaro (2008) - Sr. M. Emanuella Santini (2011) - Sr. M. Leonarda Pompiglio (2023) • IGS: D. Giorgio Zeppini (2018) • ISF: Michele Perillo (1996).