Avvicinandosi la chiusura del nostro Anno Vocazionale e in questo tempo di Avvento mi piacerebbe riproporre per la nostra riflessione un pezzo dell’omelia di Papa Francesco in cui approfondisce esattamente il brano biblico che ci ha ispirato in questo Anno vocazionale: “Ravviva il dono di Dio”. Nella Messa della XXVII Domenica del Tempo Ordinario, 6 ottobre 2019, la Liturgia ci ha proposto come seconda lettura la lettera di Paolo a Timoteo (2Tm 1,6-8.13-14). Ecco le parole di Papa Francesco su questo testo, grande illuminazione per questo momento storico che la Congregazione e la Chiesa vivono. Buon Avvento a tutti:

«L’Apostolo Paolo, il più grande missionario della storia della Chiesa, ci aiuta a “fare Sinodo”, a “camminare insieme”: quello che scrive a Timoteo sembra rivolto a noi, Pastori al servizio del Popolo di Dio. Anzitutto dice: «Ti ricordo di ravvivare il dono di Dio, che è in te mediante l’imposizione delle mie mani» (2Tm 1,6). (…)  Abbiamo ricevuto un dono per essere doni. Un dono non si compra, non si scambia, non si vende: si riceve e si regala. Se ce ne appropriamo, se mettiamo noi al centro e non lasciamo al centro il dono, da Pastori diventiamo funzionari: facciamo del dono una funzione e sparisce la gratuità, e così finiamo per servire noi stessi e servirci della Chiesa. La nostra vita, invece, per il dono ricevuto, è per servire. (…)

Per essere fedeli a questa nostra chiamata, alla nostra missione, San Paolo ci ricorda che il dono va ravvivato. Il verbo che utilizza è affascinante: ravvivare letteralmente, nell’originale, è “dare vita a un fuoco” [anazopurein]. Il dono che abbiamo ricevuto è un fuoco, è amore bruciante a Dio e ai fratelli. Il fuoco non si alimenta da solo, muore se non è tenuto in vita, si spegne se la cenere lo copre. Se tutto rimane com’è, se a scandire i nostri giorni è il “si è sempre fatto così”, il dono svanisce, soffocato dalle ceneri dei timori e dalla preoccupazione di difendere lo status quo. Ma «in nessun modo la Chiesa può limitarsi a una pastorale di “mantenimento”, per coloro che già conoscono il Vangelo di Cristo. Lo slancio missionario è un segno chiaro della maturità di una comunità ecclesiale» (Benedetto XVI, Verbum Domini, 95). Perché la Chiesa sempre è in cammino, sempre in uscita, mai chiusa in sé stessa. Gesù non è venuto a portare la brezza della sera, ma il fuoco sulla terra.

Il fuoco che ravviva il dono è lo Spirito Santo, datore dei doni. Perciò San Paolo continua: «Custodisci mediante lo Spirito Santo il bene prezioso che ti è stato affidato» (2Tm 1,14). E ancora: «Dio non ci ha dato uno spirito di timidezza, ma di forza, di carità e di prudenza» (v. 7). Non uno spirito di timidezza, ma di prudenza. Qualcuno pensa che la prudenza è la virtù “dogana”, che ferma tutto per non sbagliare. No, la prudenza è virtù cristiana, è virtù di vita, anzi, la virtù del governo. E Dio ci ha dato questo spirito di prudenza. Paolo mette la prudenza all’opposto della timidezza. Che cos’è allora questa prudenza dello Spirito? Come insegna il Catechismo, la prudenza «non si confonde con la timidezza o la paura», ma «è la virtù che dispone a discernere in ogni circostanza il nostro vero bene e a scegliere i mezzi adeguati» (n. 1806). La prudenza non è indecisione, non è un atteggiamento difensivo. È la virtù del Pastore, che, per servire con saggezza, sa discernere, sensibile alla novità dello Spirito. Allora ravvivare il dono nel fuoco dello Spirito è il contrario di lasciar andare avanti le cose senza far nulla. Ed essere fedeli alla novità dello Spirito è una grazia che dobbiamo chiedere nella preghiera. (…)

Ravvivare il dono; accogliere la prudenza audace dello Spirito, fedeli alla sua novità; San Paolo rivolge un’ultima esortazione: «Non vergognarti di dare testimonianza ma, con la forza di Dio, soffri con me per il Vangelo» (2Tm 1,8). Chiede di testimoniare il Vangelo, di soffrire per il Vangelo, in una parola di vivere per il Vangelo. L’annuncio del Vangelo è il criterio principe per la vita della Chiesa: è la sua missione, la sua identità. Poco dopo Paolo scrive: «Sto per essere versato in offerta» (4,6). Annunciare il Vangelo è vivere l’offerta, è testimoniare fino in fondo, è farsi tutto per tutti (cfr 1Cor 9,22), è amare fino al martirio. (…)» (Papa Francesco, Basilica Vaticana, 6 ottobre 2019, Apertura del Sinodo per l’Amazzonia)