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Jeu, Mar

Dicevo nella Prima parte delle mie riflessioni:  la fase ecclesiale in cui sono nate le “lettere pastorali” è un momento che possiamo descrivere come fase in cui nelle comunità cominciano a manifestarsi: segni di stanchezza e fenomeni di decadenza, delusioni e frustrazioni, divisioni, deviazioni e abbandoni, adesioni a dottrine erronee e casi di decadimento morale. Siamo molto lontano dall’entusiasmo iniziale. È una fase in cui il tempo passato, i decenni trascorsi dal momento iniziale hanno scavato una distanza con quel momento aurorale che fa sì che la stanchezza e la delusione arrivino a primeggiare sullo sforzo innovativo e creativo del Vangelo.

Mi spiego: è chiaro che i peccati, i conflitti e i cattivi esempi personali e comunitari ci sono sempre stati e non possono essere relegati in una fase specifica della vita di una comunità cristiana, così come di una comunità religiosa, ma qui si tratta di altro.

Si tratta cioè di una fase in cui il “clima” che si respira nella comunità è, in modo predominante, quello della stanchezza, della fatica, della demotivazione e questo incoraggia e fa proliferare atteggiamenti di individualismo, di ricerca di protagonismo personale a spese dell’edificazione comunitaria, di ripiegamento su di sé, di cinismo, di disinteresse per il resto del mondo e della Chiesa. Il Vangelo sembra aver meno presa sul cuore e sulle vite dei credenti sia a livello personale che comunitario.

Questa semplice contestualizzazione del brano della lettera neotestamentaria ci ricorda che anche la comunità, non solo le singole persone, hanno una vita che si snoda attraverso varie tappe, conoscono fasi di sviluppo e di crescita, si comportano come organismi attraverso le tappe della nascita, dello sviluppo, della crescita, della maturità, della decadenza, dell’invecchiamento, e infine della morte. Per chi conduce una vita religiosa è importante saper leggere la fase che la propria comunità religiosa o la propria congregazione sta vivendo.

Paolo l’apostolo consapevole della sua tappa. Ritorniamo al testo della Seconda lettera a Timoteo. La prima cosa che dobbiamo fare è chiederci: chi è il soggetto che sta scrivendo questa esortazione? Non si tratta di interrogarsi sull’autenticità paolina o meno di tale lettera, questa la lasciamo agli studiosi. Si tratta di porre l’accento su colui che compie in prima persona l’esortazione. In questo senso poco importa che si tratti veramente di Paolo o di un suo discepolo che si rifà al suo nome attraverso la pratica comune della pseudo epigrafia. La domanda da porre è: chi può compiere tale esortazione? Chi può dire: “Ravviva il dono di Dio che è in te”? E la risposta è che può farlo solo chi ne ha un’esperienza.

Stando alla lettera, l’autore è Paolo, e Paolo giunto ormai alla seconda fase della sua vita, anzi in prossimità della conclusione della sua vita. Paolo sente vicina la fine, l’approdo della sua navigazione. Egli scrive in 2Tm 4,6-7: “Io sto per essere versato in offerta. È giunto il momento che io lasci questa vita. Ho combattuto la buona battaglia, ho terminato la corsa, ho conservato la fede”. Ascoltando dunque come Paolo ha ravvivato e custodito la propria fede e cosa implichi la sua esortazione a Timoteo noi possiamo cogliere una serie de elementi che forniscono un contenuto preciso sull’azione di ravvivare il dono di Dio per chi vive l’avventura della fede e, in particolare, della vita religiosa.

* José Salud Paredes, consigliere generale e presidente del SIF

 

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28 mars 2024

Nella Cena del Signore (bianco)
Es 12,1-8.11-14; Sal 115; 1Cor 11,23-26; Gv 13,1-15

28 mars 2024

* SSP: 1988 Maggiorino Vigolungo viene proclamato Venerabile.

28 mars 2024FSP: Sr. M. Augusta Biolchini (2018) - Sr. Donata Narcisi (2019) - Sr. M. Dorotea D’Oto (2023) • PD: Sr. M. Tarcisia Spadaro (2008) - Sr. M. Emanuella Santini (2011) - Sr. M. Leonarda Pompiglio (2023) • IGS: D. Giorgio Zeppini (2018) • ISF: Michele Perillo (1996).