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Qui., Mar.

Devo confessare che in un primo momento, dopo una lettura veloce e superficiale del messaggio per la Giornata delle comunicazione di quest’anno, sono rimasto un può deluso, perché mi sembrava un contenuto che non dava continuità al percorso fatto dalla Chiesa riguardo alla comunicazione, specialmente riguardo alla comunicazione digitale in rete. In altre parole, quest’ultimo messaggio non mi sembrava dare continuità ai messaggi di Benedetto XVI e ai primi messaggi dello stesso papa Francesco, che si sono espressi sempre con una visione positiva delle rete e invitando a una presenza attiva sui social. Da una prima lettura mi è sembrato, quindi, un discorso un po’ distante anche dalla visione odierna di comunicazione, che diventa una vera e propria condizione abitativa, e di concetti come società in rete e onlife, questo neologismo che indica l’inseparabilità tra online e offline, la fusione tra analogico e digitale, tra presenziale e virtuale, il superamento del dualismo digitale.

Quando, poi, ho cercato di approfondire il messaggio e capire qual è la vera intenzione di papa Francesco, ho trovato invece una grande coerenza tra questo messaggio e il suo magistero, specialmente riguardo all’insistenza per una Chiesa in uscita, per una cultura dell’incontro e delle relazioni, per una comunicazione umana e relazionale al posto di una comunicazione strumentale e tecnica. Ho capito che il Papa ci vuole condurre a un salto qualitativo nella compressione della comunicazione, liberandola da aggettivi come “sociale” e “massmediale” per riprendere il suo senso e concetto originale come relazione e comunione.

La prima cosa da tenere in mente per capire il messaggio di quest’anno è che una community è qualcosa di diverso da una comunità. Infatti dall’annuncio del tema alla pubblicazione del messaggio il titolo è cambiato per sottolineare questa differenza. In alcune traduzioni c’è ancora più enfasi su questo elemento. In un primo momento è stato annunciato il titolo semplicemente come: “Dalle community alle comunità.” Il titolo attuale è: “Dalle social network communities alla comunità umana”. Sono sicuro che per il Papa il primo titolo era sufficiente, perché le reti sociali non sono propriamente comunità. Però per evitare qualsiasi confusione si è preferito specificare.

Ricordo una conferenza del grande sociologo Zygmunt Bauman esattamente su questo tema. Secondo lui, la comunità precede la persona, una persona nasce “nella” comunità, come parte della comunità; mentre una rete sociale (network) è creata e mantenuta da due azione precise: connecting e disconnecting. La grande attrazione di una rete sociale è la facilità di connettersi, ma soprattutto di disconnettersi. Non c’è nessuna fatica, nessuna rottura, nessuna tristezza nel rompere una relazione, una cosiddetta “amicizia”. Basta un click. Cosa molto diversa succede in una comunità. Questo significa che in una rete sociale non esiste vera connessione, vera relazione, vera comunione tra le persone. Il Papa vuole che riflettiamo su questo. Vuole aiutarci a capire la logica che sta dietro alle reti sociali, così diffuse e coinvolgenti. Una logica che ci porta all’incontro di tantissime realtà e persone, ma che allo stesso tempo può portarci alla solitudine, all’indifferenza, al pregiudizio, all’esclusione, all’isolamento, all’individualismo, al cyberbullismo, ecc.

Il focus nella comunità intesa da Francesco come rete solidale (e non soltanto sociale) ci collega immediatamente alla centralità dell’ascolto e del dialogo, concetti molto cari a lui, veri assi portanti del suo magistero, che si ripetono in diversi momenti del messaggio. Gli algoritmi utilizzati per muovere le reti sociali frequentemente ci portano a quello che il filosofo Byung-Chul Han chiama “L’espulsione dell’Altro”. In un piccolo ma denso libro, Han spiega i meccanismi che ci portano sempre di più ad avvicinarci all’uguale e ad allontanarci dal diverso, a vedere il diverso come un nemico, una minaccia (ad esempio il migrante/profugo oggi in Europa). Escludere l’altro significa allontanarsi dal prossimo, ma un sé stabile nasce solo nel confronto con l’altro. L’eccessivo e narcisistico riferimento a sé genera un sentimento di vuoto. Ecco le parole di Han: “Oggi perdiamo sempre più la capacità di ascoltare l’altro. La crescente focalizzazione sull’ego e la “narcisizzazione” della società rendono più difficile l’esercizio dell’ascolto. (…) L’ascolto invita l’atro a parlare, apre a lui lo spazio per la sua alterità. L’ascolto è un spazio di risonanza per il libero esprimersi dell’altro. L’ascolto può così essere terapeutico. (…) Senza la presenza dell’altro la comunicazione si trasforma in uno scambio accelerato di informazioni, essa non stabilisce relazioni, ma solo connessioni.” (Han, p. 31 e 91). Il messaggio del Papa ci ricorda lo stesso concetto con altre parole, affermando che diventiamo “persona” soltanto nel confronto e nella relazione con l’altro (“rivolto verso l’altro, coinvolto con gli altri”). Nel caso contrario rimaniamo semplici “individui”: “per essere me stesso ho bisogno dell’altro. Sono veramente umano, veramente personale, solo se mi relaziono agli altri” (Francesco). Solo in relazione e comunione.

Con il messaggio di quest’anno il Papa ci mette in guardia dai pericoli di una comunicazione semplicemente strumentale, una semplice “connessione” che elimina le vere “relazioni”. La comunità esiste soltanto quando basata sull’ascolto, il dialogo e la relazione. Così ci ricorda il messaggio: “Una comunità è tanto più forte quanto più è coesa e solidale, animata da sentimenti di fiducia e persegue obiettivi condivisi. La comunità come rete solidale richiede l’ascolto reciproco e il dialogo, basato sull’uso responsabile del linguaggio” (Francesco).

La rete è un’occasione per promuovere l’incontro con gli altri” riconosce il Papa… ma questo non è un processo naturale e immediato. Dobbiamo lavorare su questo passaggio dalle communities alle comunità, per non lasciare che i veri legami e le relazioni si decompongano, come i byte di un archivio digitale danneggiato. Non possiamo fermarci alle rete sociali, ma a partire da queste, cioè approfittando delle opportunità e degli strumenti che esse ci offrono, promuovere vere comunità umane. Promuovere, in altre parole, un salto qualitativo nelle nostre relazioni e comunicazioni, cercando di vivere la complementarietà tra online e offline, tra presenziale e virtuale, senza schizofrenia.

E qui facciamo un passaggio significativo nella lettura del messaggio. Dopo aver riflettuto sulle metafore della rete e della comunità, il Papa ci introduce al concetto di “corpo”, ricorrendo a uno dei più grandi esperti in comunità e comunicazione: San Paolo. Le strategie di Paolo possono illuminarci molto in questo momento storico (ad esempio: il modo con cui lui ascoltava, accoglieva e si faceva accogliere, il suo zelo e autenticità, il multiculturalismo e la multimedialità, la sua rete di collaboratori, ecc.). Infatti l’Apostolo ha creato e sostenuto tantissime comunità. Ha creato una vera rete di comunità, con premurosa complementarietà tra il presenziale e il virtuale (attraverso le sue lettere). Ha utilizzato alla perfezione la virtualità per farsi presente nelle comunità, per ascoltare le comunità, essere in dialogo con loro, e così mantenere l’unità e la coesione. Ha costruito una vera e profonda rete di collaborazione e di solidarietà (concretamente la colletta per i poveri di Gerusalemme). Al contrario degli algoritmi attuali, San Paolo ha cercato di valorizzare l’alterità e la differenza per promuovere la comunione intorno a Cristo e al Suo Vangelo. La discussione con Pietro a Gerusalemme e la sua missione tra i pagani ne sono esempi chiari.

Efesini 4, Romani 12, 1Corinzi 12 e altri passi ancora ci ricordano che siamo molto diversi tra di noi, ma che tutti insieme formiamo un solo corpo, una sola comunità. La coscienza delle differenze e che siamo parte di un unico corpo ci fa uscire della nostra autoreferenzialità e ci fa andare incontro all’altro, accogliere l’altro, il diverso… Ci porta a nuove forme di relazioni: senza pregiudizi, senza limiti, senza condizioni… “Ci porta a riflettere sulla nostra identità” (Francesco), la nostra identità come essere-in-relazione. In genere siamo più abituati a “parlare” (logica del pulpito – in modo impositivo, gerarchico) ai destinatari che ad “ascoltarli” (logica dell’agorà/areopago – più orizzontale e sinodale). Di qui l’importanza di impegnarci in una conversione di attitudine per promuovere momenti e strumenti che creino legami e favoriscano relazioni e la creazione di vera comunità, punto di partenza per offrire la verità (=contenuti di qualità) alle persone. Le “relazioni” diventano così punto chiave della pratica comunicativa e della “nuova” evangelizzazione. Quanto più riusciamo a comunicare tra di noi, più ci avviciniamo, più ci conosciamo, più ci amiamo (sull’esempio della Trinità), più corrispondiamo al progetto di Dio per l’umanità.

La rete in questo senso non è in opposizione alle comunità. Anche le reti digitali sono umane, perché composte di persone e perché favoriscono l’incontro con e tra le persone. La sfida è trasformare queste “potenziali comunità” in “vere comunità”. Ricordiamo che l’origine del termine virtuale viene dal latino virtus (significa capacità, forza, che esiste come potenzialità), pertanto non è in opposizione a “reale” ma piuttosto a “attuale” o “presenziale”. Questo per dire che una comunità virtuale ha la potenzialità per diventare una comunità presenziale, questo è il suo scopo.

Nel presente messaggio il Papa ci invita e ci provoca, specialmente a noi paolini e paoline, ad essere i promotori, gli agenti, i protagonisti di questo cambio o evoluzione: “Il contesto attuale chiama tutti noi a investire sulle relazioni, ad affermare anche nella rete e attraverso la rete il carattere interpersonale della nostra umanità” (Francesco). Ci invita ad abitare (e non soltanto ad usare) la rete con autenticità e coerenza, cercando di cambiare le communities in vere comunità relazionali umane, e non viverle soltanto in modo tecnico-strumentale. Questo significa lasciare “la rete di fili” per promuovere la “rete di persone”. Significa edificare nuove forme di comunità in rete – in questo senso ci offre 4 esempi concreti: se… se… se… se... Infine, il messaggio ci invita ad essere guidati dall’“amen”, che genera comunione e unità, e non dai “like”, che portano alla competizione e al narcisismo. Adesso è molto chiara la continuità con i messaggi precedenti.


* Darlei Zanon, discepolo paolino, è consigliere generale.

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28 março 2024

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28 março 2024

* SSP: 1988 Maggiorino Vigolungo viene proclamato Venerabile.

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