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Qui., Abr.

Un anno fa, il 16 settembre 2016, alle ore 19,37 moriva a Roma il nostro confratello don Gabriele Amorth. Era nato a Modena il 25 maggio 1925 da una famiglia molto religiosa, quinto di cinque fratelli. Don Gabriele era universalmente conosciuto per il ministero dell’esorcismo, che gli era stato affidato nel 1986 dal cardinal Poletti, Vicario per Roma dell’epoca. Oggi, nel primo anniversario della sua dipartita, non vogliamo, tuttavia, ricordarlo per questo ma per ciò che lui a noi Paolini ha lasciato in eredità. Rileggendo la sua storia – anche attraverso gli incartamenti del suo fascicolo personale, alcuni testi che sono usciti postumi su di lui e diverse testimonianze orali – mi pare di individuare due filoni principali.

Il primo riguarda le sue straordinarie capacità comunicative umane e professionali. Il Primo Maestro, quando lo incontrò a Roma nell’estate del 1942 proponendogli di entrare in San Paolo probabilmente aveva già fiutato le doti del ragazzo (aveva solo 17 anni). Proprio don Gabriele, appena 33enne, fu mandato da lui nel 1958 su invito del card. Lercaro a fare una perizia sul quotidiano cattolico Avvenire d’Italia di Bologna, anche in vista di un possibile rilevamento dell’azienda da parte della nostra Congregazione. Non se ne fece più nulla ma il prescelto, tra tanti candidati possibili, era stato proprio lui. Don Gabriele era anche giornalista e dal 1980 al 1988 è stato direttore del mensile Madre di Dio, oltre che collaboratore di Famiglia Cristiana per vari anni e, recentemente, anche rubricista del nostro settimanale Credere. Nei disegni di Dio, poi, ha saputo sviluppare e mettere a frutto grandemente – gli scherzi della Provvidenza! – queste sue doti di comunicatore a favore del ministero dell’esorcismo. I suoi libri, pubblicati in innumerevoli edizioni e in tantissime lingue, le sua rubrica condotta per molti anni su Radio Maria (la più seguita di quell’emittente a detta del suo direttore), le interviste a mille e mille televisioni, radio e giornali testimoniano che Dio si è servito di un Paolino dotato di quelle capacità per sdoganare dopo secoli un ministero tanto delicato quanto circondato da mille scetticismi, anche nella Chiesa e persino in alcuni suoi confratelli. Da quando lui se ne è fatto paladino, tanto per dirne una, il numero di esorcisti in Italia si è oltre che decuplicato. Possiamo esser certi che il Primo Maestro sarà stato contento di lui.

A proposito di maestri, il secondo filone riguarda proprio il suo essere stato un “maestro”. Molti esorcisti devono a lui l’essersi avviati a quel ministero avendo una guida preparata, paziente e disinteressata. Ma molte altre persone di ogni categoria sociale hanno colto in lui proprio un maestro, o una guida, magari incontrandolo solo per pochi minuti o leggendo i suoi scritti o, ancora, ascoltandolo alla radio. A noi Paolini il termine “maestro” dovrebbe risvegliare qualcosa di vitale per la nostra vocazione (“Divin Maestro”, “Primo Maestro”, le stesse FSP lo utilizzano al femminile per indicare alcune sorelle particolarmente eminenti, in primis “Maestra Tecla”). L’essere maestro implica l’avere discepoli, il nutrire amore per chi viene dopo, la consapevolezza che il ministero o l’apostolato che si esercita è solo un prestito, non un diritto o, peggio, un possesso, come a volte assistiamo anche nella nostra congregazione.

Oggi, ricordando don Amorth nella Messa, possiamo guardare a un Paolino che, pur incarnando la missione alberioniana in modo del tutto singolare e unico, ha realizzato la nostra vocazione in pieno.


* Don Stefano Stimamiglio è il Segretario generale

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