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Sam, Avr

Una felice coincidenza

Il 4 Dicembre 1963, il papa Paolo VI promulgava il primo dei decreti approvato dai Padri conciliari (era presente anche il nostro Fondatore), dal titolo Inter Mirifica, riguardante l’accoglienza, la speciale attenzione e l’impiego da parte della Chiesa dei cosiddetti “strumenti della comunicazione sociale” che si affacciavano sempre più distintamente nel campo della “comunicazione” umana e che potevano essere usati per la predicazione e la più ampia attività pastorale della Chiesa. Mi sembra significativo sottolineare come a distanza di oltre cinquanta anni, il primo frutto della riforma della Curia Romana, tenacemente avviata e perseguita da papa Francesco subito dopo la sua elezione, riguardi ancora una volta la Comunicazione con la creazione di un apposito Dicastero della Curia Romana. Non sembri fuori posto segnalare come l’attenzione ai media considerati non un pericolo in sé, ma come possibili indispensabili alleati per la missione della Chiesa nel mondo contemporaneo, sia un dono che lo Spirito ha fatto ad Essa tramite un umile sacerdote albese: don Giacomo Alberione, il nostro beato Fondatore; un dono oramai stabilmente impiantato nel Corpo vivo della Chiesa.

La Segreteria per la Comunicazione

Si tratta di un’operazione la più complessa della riforma generale della Curia Romana in prospettiva più chiaramente “pastorale” avviata da papa Francesco subito dopo la sua elezione alla Cattedra di San Pietro avendo dato fattivo ascolto alle voci dei Cardinali riuniti nelle Congregazioni Generali prima del Conclave. Tale operazione, tuttora in piena evoluzione, è segnata da tre momenti che paiono oramai senza ritorno: il primo momento è il Motu Proprio con cui il Papa, il 27 Giugno 2015, istituisce come nuovo Dicastero della Curia Romana, la Segreteria per la Comunicazione; il secondo momento è rappresentato dallo Statuto emanato il 6 Settembre 2016 e, infine, quasi a corona del lavoro fin qui compiuto, l’udienza concessa dal Papa alla Plenaria del Dicastero.

Il Motu Proprio

Il Motu Proprio, rappresentato dalla Lettera Apostolica, dal titolo: L’attuale contesto comunicativo pone al centro della riforma dei media vaticani il criterio apostolico-missionario che comporta un ripensamento del complesso sistema informativo della Santa Sede distribuito in numerosi Organismi. Un simile frammentato sistema, scrive il Papa nel Proemio: "alla luce dell’attuale contesto comunicativo, caratterizzato dalla presenza e dallo sviluppo dei media digitali, dai fattori della convergenza e dell’interattività”, reclama “di essere riorganizzato e integrato in una gestione unitaria”. L’opera di riorganizzazione e integrazione, accompagnata passo dopo passo dal Consiglio dei nove Cardinali, ha portato all’Istituzione della Segreteria per la Comunicazione come nuovo Dicastero della Curia Romana e non dunque di un semplice “coordinamento o di una fusione  di precedenti Dicasteri, ma di costruire una vera e propria istituzione ex novo” come dirà il Papa alla prima Assemblea Plenaria. In essa sono confluiti e stanno gradatamente confluendo, i seguenti organismi: Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali; la Filmoteca Vaticana; la Sala Stampa della Santa Sede; la Radio Vaticana; il Centro Televisivo Vaticano; il Servizio Internet Vaticano; L’Osservatore Romano; La Tipografia Vaticana; la Libreria Editrice Vaticana e il Servizio Fotografico della Santa Sede.

Lo Statuto

La promulgazione dello Statuto, avvenuta il 26 Settembre 2016, segna un passo decisivo per il radicamento della Segreteria che, come è facile immaginare, ha trovato e trova grandi resistenze nell’opera di far convergere in unum i numerosi storici Organismi appena citati. Lo Statuto provvede a delineare la fisionomia, ad indicare la struttura direttiva del nuovo Organismo comprendente, al pari di tutte le attuali Congregazioni della Santa Sede, i Superiori, i Membri e i Consultori. Esso vede al suo vertice, di norma occupato da un Cardinale, un Ecclesiastico con il titolo di Prefetto così come l’ufficio di Segretario, spettante normalmente ad un Arcivescovo, è ora attribuito ad un presbitero. Al Prefetto e al Segretario fanno capo un Direttore generale, un suo Vice e tre Direttori rispettivamente: della Direzione Teologica, Pastorale, Tecnologica; un Direttore della Sala Stampa Vaticana con un Vice: tutti costoro sono Laici, uomini e donne. Al pari delle altre Congregazioni sono stati nominati Membri della Segreteria sei Cardinali, sette Vescovi e tre Laici; mentre i Consultori sono quindici ecclesiastici e laici di ogni continente, perlopiù accademici della Scienza delle Comunicazioni. Essi hanno il compito di preparare l’approfondimento di tematiche legate alla comunicazione e soprattutto il tema che verrà poi studiato dalla Plenaria.

La Plenaria

Questa, come avviene per tutti i Dicasteri, è composta dai  Superiori, dai Membri e dai Consultori, si riunisce periodicamente e, al termine dei propri lavori, è ricevuta dal Papa. Ciò è avvenuto per la prima volta per il nuovo Organismo il 4 maggio 2017. In quella circostanza il Papa ha rivolto ai partecipanti un importante discorso dove ha anzitutto lodato la scelta dell’argomento trattato e che, confessa, “mi sta molto a cuore” ovvero “studiare criteri e modalità nuovi per comunicare il Vangelo della misericordia a tutte le genti, nel cuore delle diverse culture, attraverso i Media che il nuovo contesto culturale digitale mette a disposizione dei nostri contemporanei”. Quindi, facendo eco alle inevitabili difficoltà e resistenze si è così espresso: "si deve fare con intelligenza, con mitezza, ma anche, anche – permettetemi la parola – con un po’ di violenza, ma buona violenza, per riformare le cose”. E’ evidente che le resistenze sono dovute anche al fatto che non pochi degli Organismi sopra citati, avvertono di essere come legati e vincolati ad un passato, ad una grande storia, come grande, ad esempio, è la storia della Radio Vaticana e dell’Osservatore Romano specialmente in occasione delle due terribili guerre mondiali del secolo scorso. Ma, come il Papa ama ripetere, la storia è “indubbiamente un patrimonio di esperienze preziose da conservare e da usare come spinta verso il futuro. Diversamente essa si ridurrebbe a un museo, interessante e bello da visitare, ma non in grado di fornire forza e coraggio per il proseguimento del cammino”.

Osservazioni

Ciò che sta avvenendo nella Santa Sede a proposito della comunicazione, penso debba interessare da vicino anche noi Paolini che, come tali, siamo caratterizzati  essenzialmente, fin dalle origini, dalla dimensione apostolica missionaria del nostro specifico apostolato a servizio del Vangelo.

Ciò che il Papa sta facendo all’interno delle Mura Vaticane, non senza resistenze e critiche, penso possa e debba stimolare anche noi a guardare con coraggio e senza rassegnazione all’attuale situazione “apostolica” che, mi riferisco anzitutto ai Paesi appartenenti all’area dell’Occidente, appare di progressiva chiusura e di ripiegamento. A non pochi Confratelli vien di pensare che ciò sia dovuto al fatto che lo Spirito di fondazione, essenzialmente apostolico del nostro Istituto, dopo cento anni appare, nel contesto fortemente secolarizzato del mondo occidentale, come appannato e confinato tra le realtà continuamente evocate, ma, di fatto, non più immediatamente riconoscibile come la ragione stessa del nostro essere Congregati in unum! Forse ci stiamo accontentando anche noi di essere i custodi di un Museo di cose meravigliose risalenti al nostro Fondatore e ai suoi primi seguaci di cui però non siamo più in grado di ripercorrere le orme sulle vie dell’apostolato! Negli incontri con i Religiosi, il Papa ha più volte messo in guardia dalla tentazione di tenere rinchiuso come in un’ampolla il carisma, accontentandosi di ripetere all’infinito schemi e linguaggi del passato che l’uomo dei nostri giorni non è in grado di comprendere. Mi pare di capire che il Papa ci stimoli a “liberare” il dono carismatico di don Alberione che ci impone di consegnarci alla predicazione del Vangelo, a partire dalle nostre Comunità.  Vangelo da partecipare agli uomini e alle donne del nostro tempo con i molteplici linguaggi della Comunicazione in grado di raggiungere Popoli e Culture, situazioni esistenziali le più disparate affinché tutti “credano” che la “salvezza è in Cristo Gesù, Signore nostro”.


*Don Alberto Fusi è il Procuratore generale della SSP

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