19
Vie, Abr

Il nostro Padre San Paolo nella sua instancabile opera di evangelizzazione si era circondato di molti collaboratori e, nelle sue lettere, spesso li chiama “compagni”. Ne cito alcuni passi: “… Epafrodito, fratello mio, mio compagno di lavoro e di lotta…” (Fil 2,25); “… Épafra, nostro caro compagno nel ministero…“ (Col 1,7); “… Tito, egli è mio compagno e collaboratore presso di voi…” (2Cor 8,23).

Il termine italiano “compagno” oggi ha assunto significati molto estesi che vanno dalla vita matrimoniale all’appartenenza politica. Il rischio, quindi, è quello di ridurne la “valenza paolina” o, peggio ancora, collocarlo in una visione/ottica di tempo libero, di gioco, ludica o di divertimento.

Parlando di Cooperatori paolini come “compagni nel ministero” vogliamo dare a questo termine il senso e il significato che esso aveva per Paolo. L’ampiezza e profondità di senso e significato di tale termine, Paolo lo evidenzia accostando alla parola “compagno” il campo di azione nel quale i suoi collaboratori hanno speso la loro vita con Paolo.

I collaboratori di Paolo hanno in comune con lui una opzione fondamentale iniziale di vita, una comune visione della vita e del mondo e una meta finale condivisa e molto sentita. L’opzione fondamentale è quella d’essere stati “afferrati” da Cristo; la comune visione è quella della Buona notizia, del Vangelo e cioè che Cristo è morto ed è resuscitato per salvare l’uomo, renderlo figlio di Dio e dargli una vita nuova; la meta finale condivisa è che tutto verrà riportato a Cristo.

Se i collaboratori di Paolo non avessero condiviso con lui questi suoi punti fondamentali non si capirebbe il lottare, il soffrire, il partecipare intimamente con Paolo alla fondazione, alla nascita e alla vita delle comunità cristiane primitive.

Quanto ora detto,  da il giusto senso e valore al termine “compagni nel ministero” e avendo sullo sfondo tutto questo, noi possiamo ben comprendere l’identità dei Cooperatori paolini come nostri compagni nel ministero e il rapporto che deve esserci tra i Cooperatori e le Istituzioni della Famiglia Paolina.

Altro punto importante di riferimento per riscoprire e rilanciare l’associazione dei nostri Cooperatori è il riappropriarsi e sviluppare, a partire dai Documenti conciliari e successivi documenti della Chiesa, la visione sui “laici” che la Chiesa oggi ha e che rimane ancora dormiente e non applicata.

“Per loro vocazione è proprio dei laici cercare il regno di Dio trattando le cose temporali e ordinandole secondo Dio. Vivono nel secolo, cioè implicati in tutti i diversi doveri e lavori del mondo e nelle ordinarie condizioni della vita familiare e sociale, di cui la loro esistenza è come intessuta” (Lumen Gentium, n.31).

“Grava quindi su tutti i laici il glorioso peso di lavorare, perché il disegno divino di salvezza raggiunga ogni giorno di più tutti gli uomini di tutti i tempi e di tutta la terra. Sia perciò loro aperta qualunque via affinché, secondo le loro forze e le necessità dei tempi, anch'essi attivamente partecipino all'opera salvifica della Chiesa” (Lumen Gentium, n.33).

In questo cammino di presa di coscienza ci possono aiutare le parole di Papa Francesco. Riporto alcuni brani contenuti nella  “Lettera del Santo Padre Francesco al Cardinale Marc Ouellet, Presidente della Pontificia Commissione per l’America Latina del 19 Marzo 2016” e che invito e rileggerla per intero:

“Devo al contempo aggiungere un altro elemento che considero frutto di un modo sbagliato di vivere l’ecclesiologia proposta dal Vaticano II. Non possiamo riflettere sul tema del laicato ignorando una delle deformazioni più grandi che l’America Latina deve affrontare – e a cui vi chiedo di rivolgere un’attenzione particolare –, il clericalismo. Questo atteggiamento non solo annulla la personalità dei cristiani, ma tende anche a sminuire e a sottovalutare la grazia battesimale che lo Spirito Santo ha posto nel cuore della nostra gente. Il clericalismo porta a una omologazione del laicato; trattandolo come “mandatario” limita le diverse iniziative e sforzi e, oserei dire, le audacie necessarie per poter portare la Buona Novella del Vangelo a tutti gli ambiti dell’attività sociale e soprattutto politica. Il clericalismo, lungi dal dare impulso ai diversi contributi e proposte, va spegnendo poco a poco il fuoco profetico di cui l’intera Chiesa è chiamata a rendere testimonianza nel cuore dei suoi popoli. Il clericalismo dimentica che la visibilità e la sacramentalità della Chiesa appartengono a tutto il popolo di Dio (cfr. Lumen gentium, nn. 9-14), e non solo a pochi eletti e illuminati”.

“Molte volte siamo caduti nella tentazione di pensare che il laico impegnato sia colui che lavora nelle opere della Chiesa e/o nelle cose della parrocchia o della diocesi, e abbiamo riflettuto poco su come accompagnare un battezzato nella sua vita pubblica e quotidiana; su come, nella sua attività quotidiana, con le responsabilità che ha, s’impegna come cristiano nella vita pubblica. Senza rendercene conto, abbiamo generato una élite laicale credendo che sono laici impegnati solo quelli che lavorano in cose “dei preti”, e abbiamo dimenticato, trascurandolo, il credente che molte volte brucia la sua speranza nella lotta quotidiana per vivere la fede. Sono queste le situazioni che il clericalismo non può vedere, perché è più preoccupato a dominare spazi che a generare processi. Dobbiamo pertanto riconoscere che il laico per la sua realtà, per la sua identità, perché immerso nel cuore della vita sociale, pubblica e politica, perché partecipe di forme culturali che si generano costantemente, ha bisogno di nuove forme di organizzazione e di celebrazione della fede. I ritmi attuali sono tanto diversi (non dico migliori o peggiori) di quelli che si vivevano trent’anni fa! “Ciò richiede di immaginare spazi di preghiera e di comunione con caratteristiche innovative, più attraenti e significative per le popolazioni urbane” (Evangelii gaudium, n. 73).

Ho citato san Paolo, il Concilio e Papa Francesco. E don Alberione? Certo non è rispettoso parlare dei Cooperatori paolini e non citare o fare riferimento a Don Alberione che ne è il fondatore. Ma questo merita una riflessione e uno scritto a parte.


* Don Vito Fracchiolla, Vicario generale, è il Delegato generale per gli Istituti Paolini di Vita Secolare Consacrata e i Cooperatori Paolini