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Ter., Abr.

Non è certo uno sterile esercizio autoreferenziale ritornare, di tanto in tanto, a chiederci che tipo di persone siamo, quale DNA ci caratterizzi e, conseguentemente, quale programma di vita dobbiamo cercare di realizzare. Questo non certo da soli o come frutto di individuale buona volontà, ma secondo le diverse opportunità del vivere quotidiano, non escluso quelle che provengono dallo Spirito.

La nostra esistenza non procede mai da sola, ma – come ce lo ricorda sempre la Sacra Scrittura – la mano di Dio è sempre su ciascuno di noi. La nostra persona, uscita da un amoroso progetto di Dio Padre, è contrassegnata da una vocazione con una missione ben precisa: per noi Paolini quella di persone di comunione per la comunicazione.

In una società ricca di mezzi e di opportunità relazionali quale riscontriamo oggi, quasi inspiegabilmente si è caduti in un generalizzato individualismo, in una sterile auto-referenzialità. Si vive molto di apparenza, di immagine, che sfocia nell'indifferenza e nell'egoismo.

Quali le ipotetiche cause? Esse sono molteplici e a tanti livelli.

Manca soprattutto un'educazione ad una silenziosa riflessione e all'interiorità. Si vede, si legge, si ascolta molto, si twitta continuamente..., ma ci si sofferma poco su ciò che vediamo, leggiamo, ascoltiamo. Si presume di sapere tutto, ma senza accorgerci di quanta superficialità abbiamo.

Un lavoro prevalentemente manuale, efficientistico, riempie sovente le nostre giornate. Si rischia addirittura di faticare a vivere i momenti liberi o di riposo, tanto preziosi alla riflessione individuale o alle relazioni con quanti ci vivono accanto.

Noi “paolini”, figli spirituali del beato don Giacomo Alberione, l'apostolo della comunicazione, forse scordiamo di imitarne l'integralità di valori umani e spirituali che lo caratterizzavano. Eppure lui ha insistito molto sulla “necessità di sviluppare tutta la personalità umana”.

Lo sviluppo integrale della persona è un aspetto che possiamo considerare come una originalità del carisma alberioniano. La personalità umana integrale, completa si lega al fatto che il Maestro, a cui abbiamo consegnato la nostra vita, è il Maestro integrale, il Cristo totale. Pertanto, sviluppo di tutta la personalità umana e spiritualità integrale sono strettamente congiunti. In AD 159, don Alberione notava che le varie spiritualità suscitate dai Santi fondatori hanno sottolineato l’uno o l’altro aspetto di Cristo; ma, continuava, se poi si passa allo studio di san Paolo, si trova il discepolo che conosce il Maestro Divino nella sua pienezza, colui che lo vive tutto, ne scandaglia i profondi misteri della dottrina, del cuore, della santità, della umanità e della divinità: lo vede Dottore, Ostia, Sacerdote; ci presenta appunto il Cristo totale come Lui stesso si era definito: Via e Verità e Vita. In questa visione vi è Gesù Cristo integrale; e in questa spiritualità l’uomo viene tutto preso, afferrato, conquistato da Gesù Cristo. Proprio perché le persone sono chiamate a vivere e a rapportarsi con il Cristo integrale, Cristo stesso chiede loro una pienezza di sviluppo in tutte le loro facoltà.

Riassunta nelle sue formulazioni essenziali, la spiritualità paolina può essere così descritta:

  1. Il Paolino deve assimilare in sé l’integralità di Cristo: Maestro di dottrina, di morale e di culto a Dio.
  2. Il Paolino opera un processo di cristificazione nell’integralità della sua persona: mente, volontà e cuore.
  3. Il Paolino che pensa, vuole e ama come Cristo...
  4. Il Paolino comunica mediante il suo apostolato la totalità del Cristo all’integralità della persona dei destinatari: dare tutto il mistero cristiano e parlare di tutto l’umano cristianamente.
  5. Il Paolino finalizza ogni aspetto della sua vita personale e comunitaria alla realizzazione dell’unica opera che meriti: santificarsi integralmente per salvare tutti i destinatari (amore a Dio e amore al prossimo nella carità della comunicazione).
  6. La spiritualità di Cristo Maestro Via-Verità-Vita non si esaurisce nella pietà, ma diventa lo stile di vita dei Paolini.

     Il nostro impegno apostolico può rivelarsi sterile senza un'anima apostolica, cioè se staccato da una comunicazione e non alimentato da un innamoramento con Gesù, il Maestro Divino.

     Si dice sovente: “Tutto io faccio per il Signore”. Ci sarebbe piuttosto da chiederci: “Realmente tutto faccio unito al Signore?”. Gesù ha detto: “Senza di me non potete fare nulla” di valido. Non è il semplice fare che rende feconda un'azione, ma lo spirito che la regge; e in ogni opera apostolica è la comunione con lo Spirito di Gesù che la rende efficace, feconda, evangelizzatrice, gradita a Dio.

     Per essere apostoli di comunicazione bisogna prima essere apostoli in comunione col Signore. Diversamente si costruisce sulla sabbia e non sulla roccia che è Cristo; o si cammina sull'acqua col rischio di affondare, se non abbiamo la nostra mano nella mano di Cristo Gesù.

Vivere e alimentare una interiorità spirituale non è rifugiarsi in un mondo irreale o sterilmente ideale; non è evadere dalla realtà per rifugiarsi in una quiete egoistica: è invece un camminare, un lottare, un progredire, un assecondare lo Spirito sempre operante in noi.

Ha scritto Salvatore Martinez, principale responsabile del Rinnovamento dello Spirito: “Sono persuaso che la Chiesa non sarà – come raccomanda sovente papa Francesco - “in uscita” se Gesù non è “in entrata”.

“Il Cristo solo vive, pensa, opera, ama, vuole, prega, soffre, muore e risuscita in noi. Capo dell’umanità rigenerata, Egli forma, di tutti i credenti, un corpo mistico le cui membra sono strettamente unite dalla carità che anima una medesima vita, ove batte un sol cuore, il Cuore di Gesù Cristo”.  (cfr Donec formetur..., n. 64)

 

* Don Innocenzo Dante, sacerdote paolino italiano, è superiore della comunità di Torino

 

 

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16 abril 2024

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At 7,51–8,1a; Sal 30; Gv 6,30-35

16 abril 2024

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