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La risposta positiva che don Alberione dava subito il giorno dopo faceva trasparire una certa “impazienza” di entrare a pieno titolo nel campo dell’apostolato della “buona stampa”: “Ill.mo Signor Presidente dell’Associazione Buona Stampa, Sig. Arc. Luigi Sibona, accetto la nomina mia, fatta dall’On. Amministrazione della Buona Stampa d’accordo con Mons. Vescovo nostro, e dalla S. V. Ill.ma notificatami (20-10-1913) all’ufficio di Direttore responsabile della Gazzetta d’Alba. Come è suo desiderio entro subito in carica, col n. 43 del detto giornale; ed accetto le condizioni che mi vennero imposte: stipendio annuo di L. 200,00 e le responsabilità che secondo legge sono annesse all’ufficio stesso. Nella speranza di poter corrispondere per quanto mi sarà possibile alla fiducia in me collocata dalla S. V. Ill.ma e dall’On. Amministrazione cui presiede. Devot.mo Sac. Alberione Giacomo” (Luigi Rolfo, Don Alberione, San Paolo 1974, pag. 84).

Quattro mesi dopo, il 18 febbraio 1914, l’Associazione Buona Stampa vendeva allo stesso don Alberione “la proprietà della Gazzetta d’Alba, lasciandogli insieme la libera amministrazione e la direzione di questo giornale” (ivi, pag. 85). Commenta don Rolfo: «Per l’Associazione della Buona Stampa, la vendita del giornale era uno di quegli “affari” che non si combinano tutti i giorni: toglieva dal suo bilancio un debito di tremila lire, che sarebbe salito presto a quattromila per il fallimento d’un certo signor Damiasso che si occupava della pubblicità; risparmiava le duecento lire annue che aveva pattuite col direttore responsabile, e conservava intatti, per sé e per la diocesi, i vantaggi per cui il giornale era stato fondato e sostenuto con onorevoli sacrifici. Per Don Alberione, il sacrificio finanziario che si imponeva e che non era piccolo, era compensato dal nuovo passo che la proprietà del giornale gli consentiva di dare sulla via che si era tracciata per la realizzazione dei suoi piani» (ivi).

E “i suoi piani” erano effettivamente molto più ampi: don Alberione compra un modesto stabile in Piazza Cherasca e comincia a radunare attorno a sé un gruppo di ragazzi, dando così inizio alla Pia Società San Paolo (chiamata agli inizi “Scuola Tipografica Piccolo Operaio”), la prima delle dieci istituzioni che compongono la Famiglia Paolina. La data di nascita è, per tradizione, il 20 agosto 1914, festa liturgica di San Bernardo e giorno in cui chiuse la sua vita terrena San Pio X.

Con questo primo gruppo di ragazzi cominciava così a prendere corpo il felice connubio tra apostolato della buona stampa e istituzione di vita religiosa consacrata che, con la forza dei suoi membri sempre più numerosi, in breve tempo varcava i confini di Alba per espandersi in tutto il mondo.

L’8 settembre scorso nel Tempio San Paolo di Alba si è dato inizio al triennio di preparazione al centenario di fondazione della Famiglia Paolina con una solenne Celebrazione Eucaristica mattutina e una altrettanto solenne Adorazione Eucaristica serale. La Messa è stata presieduta da don Eugenio Fornasari, sacerdote paolino di 96 anni. Entrato tra i paolini nel 1926 (12 anni dopo la fondazione) don Eugenio ha effettivamente respirato il clima di quella “prima ora” di cui abbiamo parlato sopra. Alquanto commosso per l’incombenza affidatagli, don Eugenio si è voluto preparare per giorni a quanto avrebbe detto nell’omelia, appuntando minuziosamente su innumerevoli fogli date e fatti riguardanti gli inizi che poi, un po’ per il tempo e un po’ per l’emozione, ha ripetuto solo in minima parte. Uno dei punti nodali del suo pensiero è stato quello di sottolineare come il periodo fondazionale sia stato un periodo privilegiato per coloro che l’hanno vissuto, in quanto la forza e l’entusiasmo di don Alberione li faceva sentire efficaci “apostoli moderni” che, attraverso la stampa, potevano far arrivare il Vangelo e la parola della Chiesa dovunque; potendo anche contribuire a «risanare le leggi, la scuola, la letteratura, la stampa, i costumi».

Urgenza questa che rimane immutata anche ai giorni nostri e che ha ripetuto don Gino Valtorta, animatore della casa natale di don Alberione, introducendo l’adorazione eucaristica della sera con le parole dell’attuale superiore generale dei paolini don Silvio Sassi, il quale afferma che: «Fin dalle primitive comunità cristiane vi è la certezza che ogni “carisma” (ogni dono) è per il bene comune e mai è un privilegio che rende solitari. Agli occhi di chi ha fede, non solo i miracoli ma anche i successivi cambiamenti che si verificano nella storia millenaria da quando il mondo esiste, sono segni efficaci nei quali dobbiamo scoprire una continua “provvidenza” dell’amore di Dio» (Omelia del 20 agosto 2011).

In un altro momento don Sassi afferma che è proprio il rinnovato spirito missionario della Famiglia Paolina la vera forza che la mantiene giovane: «Se l’evangelizzazione è la ragion d’essere della Chiesa, è dall’evangelizzazione stessa che nasce la riforma costante della Chiesa. Questo vale anche per noi appartenenti alla Famiglia Paolina: le nostre Istituzioni ringiovaniscono in proporzione allo spirito missionario che le caratterizza perché l’impatto con i destinatari ci costringe ad uno sforzo di purificazione e di ricerca dell’essenziale» (Omelia del 27 maggio 2011).

ADORAZIONE |  GALLERIA FOTO (Messa)

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