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Sex., Mar.

Non so se siano i numeri a governare il mondo, so però che i numeri mi dicono se il mondo è governato bene o se è governato male – ha detto il famoso poeta tedesco Wolfgang Goethe. Penso che in gran parte questa realistica constatazione di Goethe si adatti anche alla vita religiosa. Qualcuno potrebbe replicare: nella vita religiosa i soldi non sono importanti, è l’amore che conta. Proviamo però ad andare a fare la benzina e vedremo se al distributore, al posto dei soldi, accetteranno abbracci e coccole. A parte gli scherzi, se le cifre di qualche nostra attività sono in rosso, sorgono varie domande non solo circa il governo e l’amministrazione di queste attività, ma anche riguardo la continuazione del carisma espresso da ogni forma di apostolato.

Vediamo dunque quale relazione esiste, o almeno dovrebbe esserci, tra il carisma e la gestione delle nostre opere apostoliche.

Cominciamo con una distinzione e chiarificazione dei termini: carisma, missione, opere, gestione. Il carisma è lo sguardo, la prospettiva da cui si guarda la realtà, i bisogni vecchi e nuovi. Il carisma genera una missione condivisa in un Istituto religioso. «Le opere possono cambiare mentre la missione resta fedele all’intuizione carismatica iniziale, incarnandosi nell’oggi» – dice il numero 28 degli Orientamenti. Economia a servizio del Carisma e della Missione, recentemente pubblicati dalla Congregazione dei Religiosi. La missione si traduce in opere concrete che vanno gestite secondo criteri concreti. Il carisma e la missione sono impressi dal Fondatore e incarnati nei membri di un Istituto. Le opere, essendo una traduzione concreta ed incarnata della missione, possono e devono cambiare nel tempo. Possiamo far risalire il carisma alla “intuizione” del Fondatore o della Fondatrice, mentre le opere sono risposte operative. Le domande non cambiano, le risposte invece devono inculturarsi nella realtà, e quindi per essere fedeli al carisma devono cambiare al variare dei contesti storici e geografici. Sono le opere che vanno gestite con il criterio della sostenibilità, e non il carisma. Qual è allora il ruolo del carisma nella gestione delle opere? Negli Orientamenti al numero 58 si parla di un piano carismatico: «Nella vita consacrata il governo dell’economia è conforme al carisma, alla missione e al consiglio di povertà... Spetta al consiglio generale elaborare un piano carismatico».

Parlare di piano carismatico, dalle definizioni date, potrebbe sembrare ridicolo: possiamo racchiudere la creatività dello Spirito Santo in un piano? Può un carisma dispiegarsi in un piano? Come va dunque inteso questo piano?

Possiamo considerarlo come una riflessione, con un’adeguata prospettiva temporale, che facilita la fedeltà al carisma come criterio per la decisione; consente più agevolmente di considerare i fattori in gioco (numero ed età dei membri dell’Istituto) in un determinato contesto economico.

È al piano carismatico che si dovrebbe fare riferimento in prima istanza quando si intende procedere all’acquisto di immobili, oppure alla loro alienazione e alla configurazione giuridica delle opere.

Possiamo intenderlo anche come un piano di ridisegno delle presenze del consacrato alla luce del carisma. Un ridisegno delle presenze secondo lo spirito degli Orientamenti, non può prescindere dal considerare tutte le dimensioni: se si decide di mantenere un’opera carismaticamente significativa, ma in   perdita, bisogna avere ben chiaro dove si intendono recuperare le risorse (e le persone). Comunque venga inteso, il piano carismatico dovrebbe essere un chiaro cartello stradale e non un ulteriore peso burocratico, per far sì che con la nostra vita, con la nostra missione, riusciamo veramente a ‘svegliare il mondo’ e trasformare l’economia in risorsa a servizio del carisma.

 

* Tomasz Lubas è l'Economo generale della Società San Paolo.

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