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Mer, Apr

Alle ore 20.00 del 26 febbraio 2019 presso la Comunità di Roma Timoteo Giaccardo è deceduto il nostro fratello sacerdote

DON GIUSEPPE LETTERIO SPURIA
96 anni di età, 85 di vita paolina, 79 di professione religiosa e 71 di ordinazione

Ci ha lasciato nel silenzio di una fredda serata romana don Giuseppe Spuria, sazio di anni, portando con sé in cielo quel suo carattere mite insieme a tantissimi ricordi di quei primi tempi tumultuosi e straordinari della Società San Paolo in Italia.

Giuseppe nasce il 26 aprile 1922 a Pezzolo, in Sicilia, caratteristico paese collinare con vasti terrazzamenti di agrumeti situato a una ventina di chilometri da Messina. Primogenito in una famiglia che conta, oltre a papà Placido e mamma Caterina, altre due sorelle e un fratello, frequenta le scuole elementari nel suo paese. Il 25 settembre 1933, a soli 11 anni, varca le soglie della comunità di Messina (ora chiusa), dove frequenta le scuole medie. Con l’apertura della comunità di Catania (15 settembre 1936), vi si trasferisce con molti altri ragazzi in formazione per frequentare il Ginnasio, prima di trasferirsi a Sanfrè, in Piemonte, per vivere il noviziato e qui dopo un anno, l’8 settembre 1939, professare pubblicamente i voti religiosi, con i quali assume il nome di Letterio. Frequenta gli studi classici ad Alba (1939-1942), un tempo che traccia indelebilmente la sua paolinità: è assegnato, infatti, ad assistere il Maestro Giaccardo nello sbrigare le pulizie dei suoi locali e nell’assisterlo con un prezioso e nascosto lavoro di segreteria. Seguono gli studi teologici a Roma, iniziati dopo la professione perpetua (8 settembre 1942) e terminati prima dell’Ordinazione presbiterale, avvenuta il 13 luglio 1947 per l’imposizione delle mani di Mons. Luigi Traglia, Vicegerente di Roma, insieme ai Paolini don Giovanni Battista Manfredi e don Rosario Esposito. Sono anni quelli romani in cui il futuro sacerdote comincia a impratichirsi nell’attività pastorale collaborando con l’Ufficio Cooperatori.

Il 1948 segna l’avvio della sua esperienza missionaria in America Latina, che durerà 14 anni. Assegnato in un primo tempo alla comunità di Santiago del Cile, vi rimane fino al 1957, impegnato in libreria, poi come Maestro dei ragazzi e, infine, nella direzione del periodico Alba. In un paese destabilizzato politicamente, che vive i prodromi del futuro golpe di Pinochet, sperimenta i primi tempi della nostra presenza in Cile (la comunità aveva, infatti, aperto i battenti nel marzo del 1947) con tutto l’entusiasmo ma anche le fatiche tipiche dei tempi fondazionali.

Nel 1957 don Giuseppe, pur soffrendo anche psicologicamente per la prolungata lontananza dall’Italia, prosegue l’esperienza missionaria trasferendosi a Buenos Aires, capitale dell’Argentina, dove, condividendo con il popolo le sofferenze per il clima politicamente molto teso di quegli anni, rimane fino al 1962, dedicandosi all’insegnamento ai ragazzi e alla direzione della rivista Madre de Dios. Durante gli anni trascorsi in America Latina ha tempo anche di scrivere tre libri: La Virgen, el mundo, tu y yo; La Via Crucis y el problema del dolor; Los mensajes marianos y el Evangelio.

Nel 1962 torna in Italia, assegnato alla comunità di Bari, dove si dedica all’insegnamento ai ragazzi nel nostro vocazionario. Vi rimane 7 anni, fino al 1969, quando chiede e ottiene di vivere un tempo sabbatico di formazione che lo porterà nel 1970 a conseguire la licenza in Sacra Teologia presso la Pontificia Università Lateranense. L’obbedienza lo porta successivamente a Catania, dove risiede fino al 2002, svolgendo la funzione di insegnante dei ragazzi del vocazionario e dedicandosi anima e corpo per lunghi anni a far crescere i numerosi gruppi di Cooperatori della Sicilia. Qui apre anche alcuni circoli biblici, in cui offre a tante persone un aiuto nella loro crescita spirituale, partendo dalla meditazione della Parola di Dio.

Nel 2002, a 80 anni, a causa della sua situazione di salute, viene trasferito nella comunità San Paolo di Roma, dove si dedica fino a quando le forze glielo consentono a vari servizi comunitari, prima di essere affidate alle competenti cure dell’infermeria di Roma, la comunità Timoteo Giaccardo, che lo hanno accompagnato fino ad oggi.

Don Giuseppe così scriveva al Fondatore nel settembre 1941: «Sono ormai giunto al termine del secondo anno di professione e domando al Divin Maestro di ascendere costantemente sul monte della perfezione, di perseverare e di morire religioso nella Congregazione Sampaolina». Il Divino Maestro, che ha accolto ed esaudito le preghiere del giovane professo, gli conceda ora quanto ha promesso ai giusti che lo hanno servito nei suoi poveri (Mt 25,34-40). E a tutti noi, che abbiamo raccolto il testimone della missione paolina, conceda perseveranza e gioia.

 

Roma, 27 febbraio 2019                                    

Don Stefano Stimamiglio, ssp
Segretario generale


I funerali di don Giuseppe si svolgeranno il 28 febbraio 2019 alle ore 15.00 nella Sottocripta del Santuario Regina degli Apostoli di Roma. Dopo le esequie la sua salma verrà trasferita nel cimitero di Pezzolo (Messina) e qui sepolta nella tomba di famiglia.

I Superiori di Circoscrizione informino le loro comunità per i suffragi prescritti (Cost. 65 e 65.1).


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* FSP: 1948 a Bogotá (Colombia) - 1994 a Lagos (Nigeria).

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Dove c’è la carità c’è Dio, e dove non c’è carità, una persona facesse anche prodigi per abilità, per affari, per dominare sugli altri, per insegnare, per farsi ammirare nelle virtù, per compiere opere diverse, più difficili che non le altre, «a nulla mi gioverebbe» (APD56, 263).

24 Aprile 2024

Donde hay caridad allí está Dios, y donde no hay caridad, alguien podría hacer hasta prodigios por habilidad, por negocios, por dominar sobre los demás, por enseñar, por ser admirados en las virtudes, por realizar obras diferentes, más difíciles que los demás, «no me serviría para nada» (APD56, 263).

24 Aprile 2024

Where there is charity there is God, and where there is no charity, a person could also perform wonders because of ability, for business, to dominate over others, to teach, to be admired in virtues, to perform different works, more difficult than the others, “it would be of no use to me” (APD56, 263).